Celentano, una tv irrimediabilmente vecchia e nostalgica
Si resta disarmati di fronte all’ingenuità o alla sprovvedutezza di Celentano. O alla sua determinazione: perché lavora così alacremente per distruggere il suo mito? Davvero è ancora convinto che siano sufficienti la sua presenza in scena, i silenzi, un appannato carisma per fare uno show? Mentre da una parte è appena andato in onda Fiorello e dall’altra c’è X Factor, possibile che non ci sia un amico che lo dissuada dal mettere attorno a un tavolo sei persone che fanno tv a parlare di tv? Effetti di involontaria comicità: da una parte ci sono alcuni conduttori che si esprimono come studenti del corso di scienze delle comunicazioni, dall’altra siamo al discorso da bar (banalità e piaggeria), tanto che a un certo punto si sente la necessità di far entrare Ilenia Pastorelli, con camminata sexy (e monologo incorporato). Sembrava una versione oratoriale di Sbandati o una versione colta delle cinque sfere della D’urso. Idee confuse e acque torbide sembrano sempre profonde. Il dramma di Adriano è questo: quando parla ti auguri che ci dia presto un taglio e canti, ma quando canta ti convinci che è meglio quando parla. E inevitabilmente arriva la predica contro gli spettatori che non hanno amato il cartoon Adrian. Difficile trovare uno che dica: forse ho sbagliato, forse ho promesso molto e dato poco…
No, la colpa è degli altri: «Nelle prime quattro puntate, mi avete condannato perché sono stato poco presente senza minimamente pensare ad Adrian. Pensate che mi comporterò in modo diverso stavolta? Non avete capito niente, allora... Farò come la volta scorsa e vi do un motivo per cambiare canale: me ne vado!». Finta uscita di scena, sipario. È una tv, quella di Celentano, irrimediabilmente vecchia, nostalgica. Va in onda uno spezzone di Francamente me ne infischio (Rai1, 1999), dove Adriano parla con Ligabue dell’allarme legato alle risorse idriche e si capisce la forza di Techetechetè.