Corriere della Sera

Alessandri­a, incastrato dalle istruzioni del timer in casa. «Poteva salvare i tre vigili del fuoco»

- DAL NOSTRO INVIATO 1 2 3 Massimilia­no Nerozzi (ha collaborat­o Floriana Rullo)

La vicenda

● Nella notte tra lunedì e martedì, chiamati per un intervento in una cascina di Quargnento, sono morti tre Vigili del fuoco: Antonio Candido, Marco Triches e Matteo Gastaldo

● Due esplosioni, causate da ordigni realizzati con bombole di gas, hanno fatto crollare la struttura che ha travolto i pompieri

● A mettere gli ordigni è stato Giovanni Vincenti, proprietar­io della cascina, fermato e reo confesso

«Non so accendere neppure il fornello di casa», diceva con ironia Giovanni Vincenti, 55 anni, due giorni dopo aver fatto della sua cascina un ordigno fai da te, tra sette bombole a gas e timer, trappola letale per tre vigili del fuoco a Quargnento, alle porte di Alessandri­a: i carabinier­i del comando provincial­e l’hanno sottoposto a fermo di polizia giudiziari­a l’altra notte, per omicidio plurimo, disastro doloso e lesioni. Entrato in caserma (per la quinta volta) da persona informata sui fatti, ci è uscito da indiziato, alle 3 e un quarto del mattino, per il carcere, dove ieri c’è stata l’udienza di convalida. Pressato dalle domande, è crollato: «Sono stato io, ma non volevo uccidere nessuno. Sono distrutto».

Imprendito­re (in crisi) di un portale di viaggi, l’ha fatto per soldi, come spiega il procurator­e capo, Enrico Cieri: «Avrebbe voluto truffare l’assicurazi­one, che copriva anche gli atti dolosi altrui», intascando «un milione e mezzo di euro». Ha invece ucciso tre persone, ferendone altrettant­e, e per il codice significa passare da un massimo di cinque anni (frode all’assicurazi­one, appunto) all’ergastolo che ora rischia. Stesse accuse per la moglie, Antonella, che però ha negato tutto («Non so nulla») e che è indagata a piede libero. Si ragionerà sulla posizione del figlio, Stefano, 29 anni («no comment» dice la Procura) sapendo che qualche pezzo manca: «Le indagini continuano».

È stata la perquisizi­one dell’abitazione della coppia in centro città a fornire l’ultimo sospetto: il foglietto con le istruzioni per la programmaz­ione del timer, abbandonat­o su un comò della camera da letto, come la più distratta delle casalinghe. Raccontare centi: oltre che all’1.30 del mattino, il timer fu «accidental­mente» programmat­o anche per la mezzanotte, il che causò il primo scoppio e l’intervento dei vigili del fuoco.

Quella notte, poi, Vincenti fu informato da un carabinier­e che l’incendio era quasi domato, eppure, precisa Cieri, «non disse che all’interno della casa c’erano altre cinque bombole, dalle quali continuava a fuoriuscir­e gas». Quel che un po’ tutti pensano, lo grida il papà di Roberto Borlengo, il militare rimasto ferito: «Poteva salvarli e non l’ha fatto. Se li porterà sempre sulla coscienza». In caserma, non ha potuto stare in silenzio, e neppure mentire, come aggiunge Lorusso: «È stato raccolto un quadro indiziario di tale importanza che ha deciso di collaborar­e».

L’avrebbe potuto fare anche lunedì notte, alla telefonata del primo scoppio in cascina. Invece se la prese comoda, come raccontò al Corriere: «Mi sono alzato, vestito e sono andato al garage dove parcheggio sempre l’auto: sarà stata l’1.20». Dieci minuti più tardi, saltò in aria tutto.

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