Presidio contro le eresie Qui il cristianesimo svoltò
La «porta verso Est» tenne a freno l’arianesimo e Ambrogio vinse
I nodi
● Negando che Cristo fosse «consustanziale» al Padre, cioè non «da sempre» ma anche lui «creato», Ario minava la ragione evangelizzatrice della Chiesa, erede e continuatrice di Cristo. Ambrogio col suo popolo difese la libertà d’esercitare la fede ereditata dai Padri. La corte non forzò la mano e ci fu una fase nuova
«Abbiamo sempre seguito l’organizzazione e la liturgia della chiesa di Alessandria e siamo stati indissolubilmente fedeli fino ad oggi alla sua comunione, secondo la tradizione dei padri». È un passo della lettera inviata nel 381 all’imperatore dal Concilio di Aquileia, indetto per mettere al bando definitivamente l’eresia ariana, tenuta invece in grande considerazione a Corte.
Era far teologia ma anche cultura e politica parlare di fedeltà alla tradizione dei padri. Ribadiva che da sempre in quell’area, fatta di città, porto, contado, terra di mezzo tra Oriente, mare, pianura padana, Alpi il cristianesimo aveva radici genuine. Il rimando era a San Marco, che qui avrebbe portato la Buona Novella proprio da Alessandria d’egitto. E forse evocava influssi anteriori, alla luce anche della matrice giudaizzante rimasta nella cultura contadina. Questa nei secoli ha continuato ad onorare il riposo al sabato, non la domenica, tanto da immaginare una «Sancta Sabida».
Una «Santa Sabata» mai esistita, che poi però finì per incrociarsi nella devozione popolare coi festeggiamenti alla Madonna che alla vigilia della Pasqua piange la morte del Figlio e aspetta. Un nucleo potente di fede nella Resurrezione e nel potere generativo del femminile arrivata sino all’età moderna. Di recente, ad esempio, ha avuto un vertice in Martini. Il successore di Ambrogio dedicò l’anno pastorale 2000-2001 a «La Madonna del Sabato santo». A Maria chiedeva l’aiuto di «una forza interiore di cui non è necessario essere coscienti» nel faticoso passaggio del Millennio (a settembre ci sarà l’attacco alle Torri Gemelle).
Ecco, Aquileia è un ponte tra il già da tramandare e il non ancora da immaginare, perché senza sogni non c’è futuro. Visivamente la capacità di unire si riscontra nell’arte di chiese e mosaici, nell’ambiente naturale. Spiritualmente
l’ardita campata che lega il passato glorioso e ciò che il presente prepara per figli e nipoti si riscontra nel patrimonio di documenti e personaggi che hanno fatto la storia del luogo, dell’europa, dei rapporti di questa con Oriente e bacino del Mediterraneo. Già, perché ad Aquileia e nel suo Concilio è stata scritta una pagina fondamentale.
Se avesse prevalso Ario il cristianesimo avrebbe finito per essere una religione come altre, una di quelle dottrine misteriche che mietevano successo in Oriente e che di lì alimentavano le attese di larghe masse. Si vivevano le traversie d’un passaggio drammatico tra un mondo in cui spiccava il tramonto, Roma, e il nuovo ancora indecifrabile, oscuro, marcato da violenza, corruzione, ingiustizie. Negando che Cristo fosse «consustanziale» al Padre, cioè non «da sempre» ma anche lui «creato», Ario minava la ragione evangelizzatrice della Chiesa, erede e continuatrice di Cristo suo fondatore, mediatrice tra Dio e uomini.
Chiesa a propria volta madre come lo fu Maria, chiamata a tener viva la speranza annunciata che la Resurrezione si rinnova ogni giorno in noi e nel mondo. Per tanta tensione spirituale la Chiesa ha bisogno di alcune condizioni. Di quelle interne, la vicinanza ai protagonisti delle Beatitudini, è responsabile lei, dal Papa ai fedeli. La coerenza tra gesti e predicazione necessita però di liberarsi da collusioni, privilegi, compiacenze. Ecco, si deve ad Ambrogio, uno dei protagonisti del Concilio di Aquileia, l’autonomia della Chiesa dal potere politico espressa nella formula moderna «libera Chiesa in libero Stato». Ambrogio lo sperimentò a Milano quattro anni dopo. Nel 385 dovette occupare le basiliche perché l’imperatore gliene voleva togliere una per destinarla agli ariani.
Fu uno scontro epico: il vescovo col suo popolo difese la libertà d’esercitare la fede ereditata dai Padri; la corte usò Ario per riaffermare d’avere potere e ultima parola. Nelle basiliche occupate ci si difese pregando in modo nuovo: nacquero gli Inni ambrosiani. La corte capì e non forzò la mano. Si dischiuse una prospettiva sempre in gioco. Il Concilio di Aquileia dava i suoi frutti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA