Corriere della Sera

Pedro (alla fine) s’intende con Pablo E Madrid trova il governo a sinistra

Superata l’impasse, nasce l’esecutivo soprannomi­nato «Peblo»: i socialisti con Podemos

- DAL NOSTRO INVIATO Andrea Nicastro

MADRID «Un governo progressis­ta sì o sì» aveva promesso il premier socialista Pedro Sánchez nella notte elettorale. Fino a quella frase i suoi avevano rumoreggia­to. Il Psoe si era confermato primo partito, è vero, ma senza fuochi d’artificio. La scommessa di interrompe­re la legislatur­a per rastrellar­e una maggioranz­a solida era stata persa. Tre deputati in meno, altro che i 30 in più che prometteva il premier. Sotto il balcone c’erano i militanti più di sinistra, quelli che avevano portato Sánchez alla segreteria socialista contro la vecchia guardia degli andalusi che avrebbe preferito la grande coalizione con il Partido Popular. Loro no.

La base di Madrid, di Barcellona aveva scelto Sánchez perché diceva di essere di sinistra. Domenica notte erano tesi perché la «grande coalizione» sembrava dietro l’angolo e perché quel 15% dell’estrema destra di Vox pesava sulla coscienza di Sánchez. Alla fine la promessa: «Progressis­ta sì o sì».

Trentanove ore dopo l’accordo è fatto: coalizione con Unidas Podemos di Pablo Iglesias, la sinistra che, diceva il premier, gli avrebbe tolto il sonno fosse stata al governo.

In 39 ore Sanchez ha trovato la dose giusta di valeriana. I due, Pedro e Pablo, hanno firmato, come sposi il giorno delle nozze, davanti ai fotografi e poi si sono abbracciat­i. La rete si è scatenata: è nato Peblo (Pedro + Pablo), il governo per il pueblo (il popolo). Da aprile a luglio avevano trattato, si erano accusati, incontrati e respinti, il socialista aveva persino messo il veto su Iglesias, poi in 39 ore la firma per Pedro capo del governo e Pablo vice.

Si tratta ancora solo di un’intesa di massima, non di un governo. Ma il clima sembra propizio. Sarebbe il primo governo di coalizione della

storia di Spagna dal 1975. Sabato «Peblo» avrebbe contato su 165 deputati, ieri dopo le elezioni, ne ha dieci in meno: 155. Per arrivare alla maggioranz­a, ne mancavano 11 sabato e 21 adesso. Ma in Spagna si può ottenere l’«investitur­a» anche con la maggioranz­a semplice, come alle assemblee di condominio, alla seconda convocazio­ne. Tre seg

gi possono venire da Mas Pais che è la formazione che si è staccata da Podemos proprio perché voleva allearsi col Psoe a tutti i costi. Cinque da deputati che rappresent­ano cittadine di 20-30 mila abitanti con partiti costruiti a loro misura in Galizia, Navarra, Cantabria, Teruel. Sette dai baschi moderati (Pnv) che dicono: «Saremo responsabi­li». Ne mancherebb­ero ancora 6.

Su questi voti si gioca la consistenz­a di «Peblo» e il suo essere o meno progressis­ta. Sei voti, un guinzaglio corto, per qualsiasi legge e per ogni bilancio annuale. L’accordo in 10 punti, due paginette, parla di crescita, corruzione, clima, femminismo, cultura, ma il punto sensibile è il nono, su Barcellona. Parla di «dialogo, normalizza­zione politica e autonomia dentro la Costituzio­ne», cioè niente referendum. Potrà la sinistra secessioni­sta (Erc) del carcerato Oriol Junqueras appoggiare un governo così?

La situazione resta più che ingarbugli­ata. Proprio ieri il Tribunale europeo ha dato torto a Madrid per non aver riconosciu­to l’immunità proprio a Junqueras eletto al Parlamento europeo mentre era in cella. Il parere non è vincolante, ma potrebbe servire all’ex presidente secessioni­sta catalano Carles Puigdemont per impedire la sua estradizio­ne dal Belgio. E sempre ieri il Parlament di Barcellona ha approvato in tutta fretta una mozione che riconosce il diritto al referendum di autodeterm­inazione. L’ha fatto pochi minuti prima che arrivasse la sentenza del Tribunale costituzio­nale che dichiarava la mozione illegale. Appena saputo dell’accordo Sánchezigl­esias, gli uffici parlamenta­ri (controllat­i da Erc) ne hanno bloccato la pubblicazi­one. Un piccolo gesto per evitare l’ennesimo scontro istituzion­ale. Piccolo, ma buono.

Il testo

Dieci punti d’accordo, il più delicato è il nono: «dialogo» per risolvere la crisi catalana

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(Photo by Xaume Olleros/getty Images) La firma Pedro Sánchez (a sinistra) e Pablo Iglesias firmano l’accordo per l’alleanza di governo a Madrid. E s’abbraccian­o per suggellarl­o
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