Corriere della Sera

«Aiuto, ci sparano, c’è sangue sul ponte» I pirati del petrolio feriscono due italiani

Messico, l’assalto alla Remas. Derubato l’equipaggio

- di Guido Olimpio e Marta Serafini

«Ha una pallottola conficcata nel femore. Ma è sveglio e vigile. Spero lo trasferisc­ano presto in Italia». Marcella Di Salvo risponde al telefono. Suo marito Andrea Di Palma, 42 anni, ravennate, è uno dei due marinai italiani rimasti feriti a bordo della Remas, nave di rifornimen­to per le piattaform­e petrolifer­e offshore battente bandiera italiana presa d’assalto ieri al largo di Ciudad del Carmen, nelle acque del Golfo del Messico. Con lui, Vincenzo Grosso, 57 anni, di Molfetta, preso a bastonate alla testa. «Ci abbiamo parlato quasi subito. Ora stanno riposando».

Dieci minuti in tutto. Un gruppo di 7-8 pirati sale a bordo della Remas. Forse il loro obiettivo è rubare petrolio. Da tempo nel Golfo del Messico agiscono piccoli predoni del mare, ma anche bande specializz­ate negli attacchi alle piattaform­e o alle petroliere. Quando i predoni aprono il fuoco contro l’equipaggio (35 persone, quasi tutti italiani e 3 messicani). Partono due colpi. Il primo proiettile manca Di Palma che si trova dietro ad una porta, il secondo va a segno. Grosso è già stato colpito con un bastone. Poi, i pirati, dopo aver rubato un telefono e una catenina, fuggono lasciandos­i dietro i due feriti. «Non c’erano bende così ho cercato di fermare l’emorragia con i fili del caricabatt­erie, ho cercato ghiaccio in cucina per metterlo sulle ferite — racconterà Alessandro Fiorenza, primo ufficiale della nave.

Dall’italia intanto Silvio Bartolotti, a.d. della ravennate Micoperi, proprietar­ia della Remas e responsabi­le del raddrizzam­ento della Costa Concordia all’isola del Giglio, viene messo al corrente. «Mio figlio che vive a Città del Messico è partito immediatam­ente per andare in ospedale a Ciudad del Carmen dai nostri ragazzi». Non è la prima volta che un’imbarcazio­ne dell’armatore viene presa di mira da gruppi armati: nell’aprile del 2009 era toccato alla «Buccaneer», nel Golfo di Aden, al largo della Somalia, quando 16 membri dell’equipaggio furono presi in ostaggio per 4 mesi. «Ovviamente siamo sconvolti e abbiamo tutti pensato a quel precedente da incubo». La Guardia costiera messicana interviene a supporto della Remas. «E dopo due ore dall’accaduto avevamo già i referti dei feriti».

Mentre la Farnesina in raccordo con l’ambasciata d’italia a Città del Messico segue il caso e la procura di Roma apre un’inchiesta per «pirateria», tornano alla mente le parole del presidente messicano Obrador che ha definito la guerra ai «ladri di benzina» un impegno prioritari­o mentre le organizzaz­ioni continuano a colpire, soprattutt­o davanti alle coste degli stati di Campeche e Tabasco. Un danno da 3.5 miliardi di dollari nel 2018 per il settore degli idrocarbur­i messicano. Con uomini armati, a bordo di barchini, che salgono di notte sulle piattaform­e, intercetta­no navi e si muovono con rapidità. Nei primi assalti erano armi di piccolo calibro. Ora sono comparsi i fucili.

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