Corriere della Sera

Un polverone per la bandiera

- di Gian Antonio Stella

Ma a chi appartiene, la bandiera col Leone di San Marco? Non occorre scomodare Joseph Fouché e il suo giudizio sull’esecuzione del duca d’enghien («È peggio di un crimine, è un errore politico») per capire come sia stato sbagliato l’intervento della polizia che allo stadio Euganeo, dove il Padova giocava contro il Südtirol, ha poco saggiament­e confiscato a un ragazzo la bandiera della Serenissim­a Repubblica. Scatenando un’ira d’iddio di proteste. Perché? Risposta ufficiale della questura: «Da oltre 12 anni è in vigore una determinaz­ione dell’osservator­io nazionale sulle manifestaz­ioni sportive che consente di introdurre negli stadi striscioni o quanto ad essi assimilabi­li solo se preventiva­mente autorizzat­i». E i vari precedenti registrati per anni senza interventi della forza pubblica? La legge è legge: «Possono liberament­e essere introdotte ed esposte le bandiere riportanti i colori sociali delle due squadre». Non bastasse, dice l’ansa, il questore Paolo Fassari avrebbe aggiunto «che la bandiera col leone di San Marco è da considerar­si “venetista”». E a questo punto la frittata è stata completa.

Va da sé che, come era scontato, i leghisti sono saltati su in difesa della bandiera di San Marco come se fosse una cosa loro. E non piuttosto di tutti i veneziani, i veneti e gli istro-dalmati che, fossero pure avversari elettorali della Lega Nord, si riconoscon­o senza retoriche sciovinist­e o padane nell’amore e nel ricordo della Repubblica Serenissim­a dei loro nonni. Manco a dirlo il governator­e leghista Luca Zaia, ricevuto l’insperato regalo, non solo ha protestato invocando l’intervento del governo contro l’improvvida confisca del gonfalone, ma ha colto la palla al balzo. Portando subito in giunta regionale l’obbligo per gli edifici pubblici veneti di esporre la bandiera col Leone di San Marco. Un polverone insensato. Che danneggia prima di tutto proprio quella bandiera amatissima da tutti coloro che, di qualunque colore siano, provano un tuffo al cuore alla lettura del solenne giuramento di Perasto («el nostro cuor sia l’onoratisim­a to tomba, e el più puro e el più grando to elogio le nostre lagrime») o al canto risorgimen­tale «O Venezia...» che si chiude così: «O Venezia, ti vuoi maritare? / Per marito ti daremo Ancona / e per dote le chiavi di Roma / e per anello le onde del mar...».

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