«Lavorare a Milano: il caro alloggi non aiuta i giovani»
Si parla spesso di Milano come approdo lavorativo per antonomasia per i giovani italiani, segnatamente meridionali. Ed è vero! Meno spesso, invece, si cita Milano come luogo in cui si verifica, e persino si accentua, quello spiacevole fenomeno di trasferimento di ricchezza dai giovani in cerca di emancipazione a categorie sociali (spesso) già affermate e che giocano il ruolo di offerenti nella sfibrante ricerca di un alloggio. È sotto gli occhi di tutti l’attuale sbilanciamento tra domanda e offerta di alloggi nel capoluogo lombardo, il che conduce a una dinamica rialzista dei canoni che sta costringendo tanti giovani — e molto spesso le famiglie — a sacrifici immani per soddisfare il bisogno di avere una casa. Qualcuno mi risponderà «è il mercato, bellezza!», mentre altri citeranno il famoso economista neoclassico Alfred Marshall e la sua nota teoria della domanda e dell’offerta. Nondimeno, penso che uno Stato che si rispetti debba intervenire — tra le altre cose — per frenare questa stortura e dare finalmente ai giovani lavoratori la possibilità di costruirsi un futuro. Dover impiegare il 40/50 % del proprio salario per pagare un affitto svilisce le aspettative dei giovani e li sacrifica sull’altare dell’arricchimento di chi qualcosa lo possiede già. Quei giovani con cui spesso la classe dirigente si è riempita la bocca definendoli «classe dirigente del futuro», e che in virtù di ciò dovrebbero essere facilitati e rasserenati per assolvere al meglio a questo delicato e gravoso compito; ma che invece, alla prova dei fatti, si vedono addirittura ostacolati.