«Mediobanca, piano di crescita» Ai soci 2,5 miliardi in 4 anni
Le cedole fino al 2023, mille assunzioni. Nagel: l’uscita di Unicredit positiva per tutti
È una banca diversa dalle altre, Mediobanca: ci tiene il ceo Alberto Nagel a sottolinearlo presentando il piano industriale al 2023 che promette ai soci 2,5 miliardi di remunerazione, di cui 1,9 miliardi come cedola e 0,3-0,6 miliardi come buyback delle azioni. Tanto che nelle slide la accosta non a istituti tradizionali come Intesa Sanpaolo o Unicredit ma a realtà più specializzate come Fineco, Banca Generali, Mediolanum, Julius bear, Vontobel. Anche perché, rivendica, Mediobanca è stata la banca che ha reso più di tutte quelle italiane negli ultimi 5 anni: il 77% come ritorno complessivo agli azionisti.
Per il prossimo quadriennio Nagel punta a crescere ancora di più nelle attività a più basso assorbimento di capitale come la gestione dei patrimoni e la banca d’investimento, ma anche nel credito al consumo di
Compass.
Arriveranno nel gruppo mille persone in più, 400 assunti e 600 tra agenti e promotori, per Compass (e Compass Quinto) e il wealth management. Un salto dimensionale importante dagli attuali 4.500 dipendenti. In crescita sono attesi anche i ricavi, +4% annuo fino a 3 miliardi, l’utile per azione, +4% all’anno da 0,93 a 1,1 euro, la redditività ( Rote), all’11% dall’attuale 10%. Fermo restando il capitale al 13,5% come Cet1.
Non sono neanche escluse le acquisizioni, specifica il 54enne banchiere che è alla guida di Piazzetta Cuccia dal 2008. Quelle più taglia più piccola, come già avvenuto per esempio con Cairn Capital, Ram, o la boutique francese Messier Maris (che ha già portato la consulenza a un mega-deal come Psa-fca), si possono fare con il capitale che la banca genera «organicamente» (25-30 punti di patrimonio). Se si vuole puntare a un bersaglio più grosso nel wealth management, allora si può usare il tesoretto di 4 miliardi che è il valore attuale del 12,9% in Generali. Può essere venduta in parte o anche tutta, in alternativa — o anche in aggiunta — si possono anche emettere nuove azioni per realizzare un’acquisizione «carta contro carta». «La distribuzione nel wealth è un’area chiave», ha specificato, e «guardiamo principalmente l’italia» ma Mediolanum non è nel mirino: «Mi suona strano» che i Doris vogliano cedere il controllo, ha detto. Vendere Generali senza uno scopo non ha logica finanziaria, ha ripetuto più volte. Anche perché Mediobanca è un pilastro nella difesa di Generali: «C’è un azionariato italiano che ha quasi il 30%. Se ne parla tanto come di una società scalabile, ma in realtà è il soggetto più presidiato di tutti».
La svolta storica nell’azionariato con l’uscita di Unicredit e l’ingresso di Leonardo Del Vecchio, ora primo socio con il 9,9%, non è un punto della narrazione di Nagel, che sottolinea il vantaggio di essere una public company. «Parliamo con tutti gli azionisti e non indichiamo con chi parliamo», ha glissato alla domanda su un abboccamento con Del Vecchio, che nelle scorse settimane ha apertamente criticato la strategia di Nagel, basata sui risultati di Compass e sulle cedole di Generali. L’uscita di Unicredit? «È positivo per tutti, per il sistema bancario, perché così abbiamo una base investitori normalizzata. Unicredit non è mai stato considerato un azionista credibile». Il mercato ha apprezzato il piano: il titolo ha guadagnato il 2% a 10,64 euro, vicino ai massimi da 5 anni.