LE CITTÀ VERDI CRESCONO
Più alberi fuori e dentro le metropoli, per tagliare la C02 e fermare il climate change. Boeri, padre della riforestazione urbana, spiega come si può fare. Tutto è cominciato a Milano
Tigli e magnolie, olmi e aceri. In cima alle agende delle metropoli del mondo gli alberi occupano un posto speciale. Da Parigi a Melbourne, da San Francisco a Shangai, rendere più verdi le città è diventato un mantra e una missione. E l’italia? In prima fila. Prova ne è il progetto Forestami, che prevede la messa a dimora di tre milioni di alberi a Milano, entro il 2030. L’iniziativa sarà presentata alla Triennale, nel capoluogo lombardo, il 21 e 22 novembre, in una sessione del World Forum on Urban Forests, insieme alle più avanzate proposte di forestazione urbana.
Forestami è il primo tassello di «Parco Italia», un progetto del team di Stefano Boeri — l’architetto e presidente della Triennale interverrà domani pomeriggio all’evento L’economia del Futuro (vedi sotto) — con un gruppo di ricerca che comprende la Fao e la Sisef (Società italiana di selvicoltura ed ecologia forestale). Prevede di connettere borghi e città italiani alla dorsale appenninica e al sistema alpino attraverso corridoi verdi, creando una grande «infrastruttura ecologica» lungo lo Stivale: l’obiettivo è piantare 22 milioni di alberi lungo questo cordone verde. «L’idea rientra in una visione globale presentata al Climate Summit dell’onu a New York e che abbiamo chiamato Grande muraglia verde delle città — racconta Boeri —. Lo scopo è moltiplicare i boschi dentro e fuori le città». In totale, prevede 500 mila ettari di nuove foreste urbane e 300 mila ettari di foreste naturali entro il 2030. «Vogliamo creare un dialogo tra due ambienti che fino a oggi abbiamo tenuto separati e che invece ora si integreranno, con ruoli diversi — spiega Boeri —. Il verde non sarà solo decorativo e non più circoscritto in aree protette».
La nuova alleanza sarà decisiva per affrontare il cambiamento climatico. Le foreste sono infatti una delle più potenti tecnologie «cattura CO2» esistenti: un albero può assorbire 22 chili di anidride carbonica all’anno, più altri inquinanti. Oggi pini e querce catturano già il 40% delle emissioni di CO2 prodotte dall’uomo, in uno scenario in cui le metropoli consumano il 75% delle risorse naturali e contribuiscono al 70% della CO2 globale.
Tetti e pareti verdi, boschi orbitali, cortili che diventano oasi, agricoltura urbana e giardini di comunità sono il cuore degli insediamenti salva-clima. Boeri vede in queste «città-foresta», che si trovino nel Nord sviluppato del mondo o nel Sud più povero, una risorsa importante. Il suo studio ne sta progettando una a Cancun, un’altra a Liuzhou, nella Cina meridionale, e al Cairo. Tutto nasce con il Bosco Verticale, a Milano. «È diventato il simbolo del rinnovato patto tra natura e uomo — analizza Boeri —. Non si tratta di un ritorno nostalgico al passato, ma di un invito ad agire, oggi, in maniera diversa, per garantirci un futuro».
Per l’architetto le metropoli che sopravviveranno non saranno però solo quelle che affrontano la transizione ecologica, valorizzando la biodiversità e abbattendo la CO2. «Avremo città intelligenti — aggiunge —, dove il 5G ci permetterà di governare gli oggetti connessi e l’accessibilità alla rete sarà più ampia. Ma saranno anche città inclusive, senza più barriere tra centro e periferia, perché le persone non siano destinate a passare la vita nel luogo in cui sono nate». Una crescita sostenibile e che non lasci nessuno indietro è anche uno degli obiettivi dell’agenda 2030 dell’onu. «È evidente che il tema ambientale non può essere solo una questione “per ricchi” — nota Boeri —. A Eindhoven, in Olanda, vedrà la luce la Trudo vertical forest, i cui appartamenti saranno dati in affitto a prezzi calmierati. È una svolta decisiva, la stiamo vedendo anche in Cina». Social housing, innovazione e una mano al clima. Siamo sulla strada giusta. «A Milano la corsa al verde è partita e si vede: sta cambiando il colore della città — ragiona Boeri —. Nel Decreto clima c’è una spinta importante alla forestazione e seguo da vicino anche le sorti del Green New Deal. Il mondo si muove in questa direzione, penso alla California, con i suoi straordinari incentivi per il verde, al piano francese per la biodiversità».