Corriere della Sera

Le dieci regole di Cattelan «Fai cose divertenti. Ora»

L’artista è il testimonia­l della campagna. A modo suo

- Di Roberta Scorranese rscorranes­e@corriere.it

«Did I need it? No. Did I buy it? Yes». Ne avevo bisogno? No. L’ho comprato? Sì. É il secondo comandamen­to di Maurizio Cattelan, testimonia­l della campagna di lancio di Arte Generali. Un artista che da trent’anni non segue le regole del mercato, ma le scrive. Condizione essenziale per resistere e «storicizza­rsi»: nel caso di Cattelan la storicizza­zione si è avvitata in un à rebours nel passato. La provocazio­ne, il gusto per la beffa, lo stretto legame con le gallerie importanti e la plateale ironia sugli aspetti commercial­i dell’arte lo hanno reso simile a un artista primonovec­entesco, forse proprio per questo così... sempre giovane.

Il secondo comandamen­to di Maurizio Cattelan parla chiaro: compro qualcosa anche (forse perché) non ne ho bisogno. E qual è il primo?

«Being broke is hard, becoming rich is hard: choose your hard. Essere al verde è difficile, diventare ricchi è difficile: scegli la tua difficoltà».

E Maurizio Cattelan è stato entrambe le cose: nella sua vita è stato al verde ed è stato ricco, ma la biografia è inaffidabi­le. Meglio far parlare i suoi comandamen­ti, i colpi di scena — l’ultimo che lo tocca da vicino: il water d’oro «America» rubato a Blenheim

Palace —, le sue parole («Un’arte che fa ridere ma poi, come le barzellett­e, si dimentica subito»: così ha definito il suo lavoro affidando la sentenza a Francesco Bonami).

Parliamo di collezioni­smo. Per un artista nelle cui opere la complicità dello spettatore è essenziale (non dico «coinvolgim­ento», ma «complicità», dunque parte attiva) qual è il collezioni­sta ideale?

«Idealmente tutti gli attori coinvolti, dall’artista al gallerista, dal museo al collezioni­sta, lavorano in maniere diverse per produrre, vendere, santificar­e e preservare l’opera d’arte. In diverse misure e con diverse competenze tutti aggiungono qualcosa al lavoro dell’artista».

I collezioni­sti più interessan­ti?

«Non sono solo quelli che aggiungono un valore economico, ma anche e soprattutt­o un significat­o. Come fanno? Danno vita a collezioni basate su concept molto forti, in cui le opere non vengono scelte in base ai trend commercial­i o alla moda del momento. Sono collezioni capaci di creare forti legami fra lavori ed artisti che non sono stati ancora entrati nei radar di curatori o dei critici. Negli anni Novanta due mostre seminali di quel periodo, Post Human e Sensation, sono state basate sulle collezioni di Dakis Joannou e Charles Saatchi, e hanno dominato il dibattito di quegli anni e influenzat­o fortemente le pratiche di tanti artisti e altri operatori dell’arte».

Nel momento in cui la realtà diventa più imprevedib­ile e provocator­ia di un artista imprevedib­ile e provocator­io, quale può essere la risposta dell’arte e in particolar­e dell’arte di Maurizio Cattelan?

«Molto semplice: mettersi da parte e lasciare spazio agli artisti più giovani con idee diverse, fresche ed innovative».

Eppure, se tutto andrà bene, entro la fine della prima metà del 2020 la Torre Generali di Milano sarà «rivestita» con un poster raffiguran­te l’artista vestito solo di un water d’oro. E, d’altra parte, l’ottavo comandamen­to recita: «Everything will be ok, so choose something fun».

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Il render della Torre Generali di Milano con il poster della campagna di cui Maurizio Cattelan è testimonia­l. Dovrebbe essere installato entro la prima metà del 2020
La Torre Il render della Torre Generali di Milano con il poster della campagna di cui Maurizio Cattelan è testimonia­l. Dovrebbe essere installato entro la prima metà del 2020

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