Se l’intrattenimento diventa lo specchio fedele del Paese
C apita raramente che un programma tv muova pesanti accuse a un altro programma. È successo anche questo. Domenica sera, a «Non è l’arena» su La7, Massimo Giletti ha criticato Barbara d’urso per aver ospitato nel suo studio di «Livenon è la d’urso» (Canale 5, lunedì) il cantante neomelodico Tony Colombo e la consorte Tina Rispoli, saliti alla ribalta per i presunti contatti con la malavita organizzata napoletana.
Da alcune settimane, il sito di «Fanpage» propone un’interessante inchiesta su «Camorra Entertainment» dove i novelli sposi fanno la loro parte. La d’urso non è nuova a polemiche per la disinvoltura con cui sceglie i suoi ospiti: Asia Argento e il giovane Jimmy Bennett, Pamela Prati e il fantomatico Mark Caltagirone, Adriano Panzironi, l’imprenditore che promette diete e anni di vita. L’altra sera ha scatenato un putiferio con la storia delle suore incinte (un suo cavallo di battaglia). Ancora una vota il «salotto» si è trasformato in un cortile starnazzante: il giornalista Carmelo Abbate ha accusato la Chiesa di ogni nefandezza scatenando la reazione di Paolo Brosio e gli interventi di Flavia Vento, Serena Grandi, Manuela Villa, Suor Paola, Vladimir Luxuria e altri espertoni.
È intervenuto persino Vittorio Sgarbi per ammonire la conduttrice: «Stai mettendo in scena lo sputtanamento della Chiesa». La d’urso ha tenuto a precisare che va in chiesa e recita il rosario, se no chissà. Attraverso i talk, la tv ha perso i freni inibitori e mai come ora è specchio fedele del Paese. L’errore che commettiamo è quello di definire spazzatura, trash, questa tv. Forse dovremmo ammettere che è il nostro Paese a essere diventato trash, siamo noi trash. Quanti nostri parlamentari avrebbero potuto essere al posto di Brosio o della Vento o di Abbate! Si sarebbero espressi esattamente come loro, avrebbero visto nella d’urso un faro, forti della loro capacità di inscenare solo sommari di decomposizione.