Ilva e manovra le spine del governo. Riparte lo spread
Il differenziale con i titoli tedeschi chiude a 178. Ma Moody’vede un rafforzamento della ripresa
Mentre il caso Ilva precipita, col rischio concreto che l’acciaieria chiuda, e il decreto fiscale viene sommerso da mille emendamenti, tra i quali rispunta anche quello per l’iva ridotta sugli assorbenti, il governo Conte prova a serrare i ranghi. Ma i mercati tornano ad agitarsi.
Ieri il differenziale di interesse tra i titoli di Stato italiani e tedeschi si è impennato e ha chiuso a 178 punti base, il massimo dalla formazione del nuovo esecutivo. Anche la Borsa chiude in calo, con le banche di nuovo nel mirino, nonostante l’agenzia di rating Moody’s veda un rafforzamento della ripresa nel 2020 grazie al «clima politico più stabile», che il premier Giuseppe Conte vuol vedere alla prova nella discussione della manovra.
«Serve spirito di squadra anche nelle aule parlamentari. Ci sarà un dialogo costante, ma la manovra non può essere stravolta» ha detto ieri Conte nel vertice di maggioranza seguito al Consiglio dei ministri. Riunione allargata anche ai sottosegretari, ai capigruppo di Camera e Senato, ai responsabili dei partiti. Sessanta persone a cui il premier ha raccomandato massima coesione, ed il ministro dell’economia, Roberto Gualtieri, ha promesso ogni sforzo per superare le divergenze. Intanto è stato riammesso l’emendamento bipartisan che porta l’iva sugli assorbenti dal 22 al 10%, dichiarato prima inammissibile.
«Lavoreremo per migliorare le norme sulla plastica usa e getta e le auto aziendali» ha assicurato Gualtieri. L’aniasa, che rappresenta il settore del noleggio dei veicoli, sostiene che le ultime modifiche portate al provvedimento che aumenta le tasse per i dipendenti, sarebbero «un boomerang», perché porterebbero le aziende a prorogare di un anno i contratti, «con il crollo delle immatricolazioni».
L’appello di Conte alla coesione troverà una prima verifica lunedì con gli emendamenti alla legge di Bilancio, che dovrebbe sbarcare nell’aula della Camera il 3 dicembre. Matteo Renzi, però, dice che la manovra «tappa un buco, ma non basta», rilancia sulle infrastrutture e promette battaglia per eliminare del tutto le «micro-tasse». Il Pd, con Andrea Orlando, torna invece a chiedere più fondi per il taglio del cuneo fiscale.