Ricorso d’urgenza Il premier: è in gioco la dignità del Paese
La mossa di Palazzo Chigi sull’acciaieria
Compatti, per un giorno almeno. Sull’onda dell’acqua alta che ha travolto Venezia e dello spread che sale fino a 178 punti, toccando il record dall’avvio del Conte bis, leader e ministri hanno dato il via libera ai primi fondi per l’emergenza. Nel chiuso di Palazzo Chigi il premier ha lanciato appelli all’unità, anche in vista della sfida cruciale sul destino dell’ex Ilva e dell’intera siderurgia italiana. «Non possiamo perdere la faccia, c’è in gioco la dignità e l’identità del Paese», è il richiamo che Giuseppe Conte ha scandito davanti ai suoi ministri.
Nel giorno in cui Arcelormittal annuncia la volontà di spegnere l’acciaieria entro il 15 gennaio, l’avvocato degli italiani prepara le carte bollate. «Non permetteremo che spengano i forni, andremo in tribunale e sarà battaglia durissima», si attrezza al peggio Conte. La prima mossa sarà il ricorso d’urgenza ex articolo 700 e poi, se il colosso francoindiano non tornerà sui suoi passi, interverrà lo Stato affidando ai commissari la fabbrica di Taranto. «Se hanno provato a raggirarci, magari facendo acquistare le materie prime da altre aziende del gruppo, la causa può passare dal civile al penale», ragiona un ministro.
Dietro la facciata dell’unità, imposta dalla crisi di Taranto e dall’ «apocalisse» di Venezia, la tensione nella maggioranza resta ai livelli di guardia. Matteo Renzi dice di non credere che il governo cadrà sull’ilva. Ma poi a Zapping scandisce l’ennesimo avviso di sfratto a Conte: «In caso di crisi di governo c’è un libro magico, la Costituzione». Altrettanto inquieto si mostra Luigi Di Maio, in missione negli Stati Uniti. Nel tentativo di riconquistare la leadership e impedire ai vertici del M5S di commissariarlo, il ministro degli Esteri attacca i giornali per aver rivelato le divisioni interne e avverte i naviganti in tempesta: «Nel Movimento si lavora per cambiare il Paese. Chi è interessato a fare il gioco degli altri e del sistema può accomodarsi in un partito».
Comprensibile che Conte provi a stringere i bulloni della sua rissosa maggioranza. Preoccupato per le tensioni tra e dentro i partiti, il presidente ha deciso di invitare i ministri a cena fuori. La data non è ancora in agenda, ma il capo dell’esecutivo ha lasciato cadere qualche indizio: «Al termine della prossima riunione del Cdm passeremo una serata insieme e cercheremo il modo di fare squadra...». La manovra approda in Parlamento e urge trovare un accordo sui punti più controversi, perché a colpi di emendamenti rischia di saltare tutto.
«Questo testo non può essere stravolto nei contenuti essenziali», ha ammonito in premessa Conte. Il premier ha rivendicato l’abolizione del super-ticket fortemente voluta
La «battaglia» Conte: in tribunale sarà battaglia durissima, non permetteremo che spengano i forni
da Roberto Speranza di Leu, il taglio del cuneo fiscale, il fondo per famiglie e disabili e lo «sforzo incredibile» con cui il governo ha trovato i 23 miliardi per scongiurare l’aumento dell’iva. Tutto bene? Macché. Anche i dem sono inquieti e soffrono l’abbraccio con i 5 Stelle. Per Matteo Orfini il governo è «debole» e il Pd guidato da Nicola Zingaretti è un partito «afono, privo di idee e di linea».
Non è ancora tutto, perché Renzi pensa che la manovra non basti e che per far ripartire l’economia serva «un piano choc» da 120 miliardi. Boom, risponde la ministra Paola De Micheli: «Alle Infrastrutture ne abbiamo stanziati un terzo, ma in 15 anni». E c’è un altro fronte incandescente, la giustizia. Il vertice con Conte non è bastato a trovare un’intesa sulla prescrizione. Italia viva vuole il rinvio, Alfonso Bonafede, ministro del M5S, si oppone e il dem Andrea Giorgis ammette che «le posizioni sono ancora distanti».