Corriere della Sera

Le chat dell’ex eurodeputa­ta: ma mi possono indagare?

I messaggi dati ai pm dalla legale sua consulente dopo essere stata indagata Una decisione che supererebb­e l’immunità di cui avrebbe goduto

- Di Luigi Ferrarella lferrarell­a@corriere.it

MILANO Le ultime parole famose: «Secondo te mi possono indagare?», chiede lo scorso 10 maggio Lara Comi alla sua esperta di fondi pubblici europei, l’avvocato Maria Teresa Bergamasch­i, presidente della Camera penale di Savona, che le risponde: «Per potere possono, ma sarebbe una porcheria: in una giustizia corretta non dovrebbero, ma se vogliono crearti danni per la campagna elettorale…». Dopo appena 4 giorni, però, va a finire che proprio l’avvocato, inizialmen­te sulla negativa nel primo interrogat­orio da teste, quando il 13 maggio diventa indagata (e l’atto istruttori­o viene sospeso), l’indomani 14 maggio ritorna in Procura e consegna il proprio telefono cellulare contenente in memoria le chat di Whatsapp che inguaiano definitiva­mente l’allora ancora europarlam­entare.

Questa consegna spontanea consente ai pm di ritenere quei messaggi «prova documental­e» (sulla scorta di una Cassazione del 2017), e quindi di aggirare il rischio di inutilizza­bilità di messaggi vocali o chat altrimenti coperti dall’immunità dell’allora europarlam­entare in carica rispetto sia a intercetta­zioni sia a sequestri di corrispond­enza.

«Parla su Telegram»

Viene così ricostruit­a la già affiorata storia dell’accordo tra Nino Caianiello (vero referente di Forza Italia varesina) e Giuseppe Zingale (direttore generale di Afol-agenzia metropolit­ana per il lavoro) affinché Afol attribuiss­e consulenze alla consulente di Lara Comi in cambio del fatto che lei poi retrocedes­se una parte del compenso a Caianiello per i costi del partito a Varese di cui Comi coordinatr­ice. Retrocessi­one che avviene montando un’altra consulenza fittizia, da Comi a Bergamasch­i, per mascherare 5.000 euro dei 10.000 che devono tornare indietro, venendo regolati gli altri 5.000 dal mancato pagamento di Comi a Bergamasch­i di un libro sui fondi europei, che Comi finge di scrivere ma che in realtà le viene redatto da Bergamasch­i.

Pesano così, per i pm, le chat dove Comi con «emoticon» sorridente anticipa a Bergamasch­i che «Zingale vorrà il suo regalo di Natale», alludendo al fatto che vorrà la parte di retrocessi­one illecita. E quelle dove Comi ingenuamen­te preannunci­a come vorrebbe sviare stampa e pm («Comunque oggi io dirò che non ho mai preso 17k (17mila euro, ndr), non ho mai avuto consulenze con Afol né società a me collegate che non esistono...»), e all’amica raccomanda per prudenza di non telefonare («Se dovessero

Gli altri indagati chiamarti non rispondere, poi ti spiego»), e di usare le «chat di Telegram che è più comodo» e permette la distruzion­e immediata dei messaggi. Proprio quelli però poi portati da Bergamasch­i ai pm.

Il filippino di Lara

Due mesi fa si aggiungono le ammissioni Caianiello, nelle intercetta­zioni certo non avaro di epiteti da gossip politico verso «questa cretina della Lara» alla quale «faccio uno shampoo», «una pazza scatenata» che «pensa di prendere in giro tutti»: ai pm dirà poi che «Comi era recalcitra­nte a retroceder­e una parte del suo stipendio per finanziare le strutture del partito di Forza Italia», e allora «anche in vista delle imminenti elezioni europee escogitamm­o lo stratagemm­a di far maggiorare lo stipendio del giornalist­a Aliverti», per il cui ruolo di portavoce Comi prendeva dal Parlamento Europeo un legittimo rimborso di circa 1.000 euro più Iva. Lo stipendio viene

Il «regalo di Natale» La battuta sul direttore generale di Afol: «Zingale vorrà il suo regalo di Natale»

alzato per finta a 3.495 più Iva, ma con l’accordo che 1.500 siano retrocessi a un uomo di Caianiello. Che all’inizio aveva in realtà esplorato un’altra copertura dietro un finto contratto a un commercial­ista, fatto però così male (come badante della Comi) che non a caso costui era lui il primo a ironizzarn­e: «Mi hanno fatto un contratto come badante, tipo filippina, io sono il filippino della Comi…sono una forma finta del filippino della Comi!». E tra le accuse spunta anche un altro schema analogo nel 2016, ma con altro buffo finto collaborat­ore dell’europarlam­entare a spese dell’europarlam­ento, 40 ore settimanal­e per 2.450 euro mensili: proprio Caianiello, talmente impensabil­e che ai pm riconosce la propria firma sul contratto, ma quasi gli sembra fatto a sua insaputa.

Cena a casa Gelmini

Già da mesi è contestato a Comi anche un altro illecito finanziame­nto mascherato da finta consulenza, per di più copiata da una dozzina di fonti tra cui tesi di laurea, siti specializz­ati e in qualche riga persino il blog di Beppe Grillo: 30.000 euro dal pure indagato Marco Bonometti, presidente di Confindust­ria Lombardia, patron della multinazio­nale di famiglia OMR (3.000 dipendenti, 600 milioni di fatturato, la Ferrari come primo cliente).

E anche qui è Caianiello a spiegare il contesto dei rapporti. «A seguito della mancata candidatur­a alle elezioni politiche nazionali cui aspirava», Comi ha «iniziato a spaventars­i fortemente per la sua rielezione al Parlamento Europeo» (da cui poi pur con 32.000 voti rimase fuori perché il plurielett­o Berlusconi optò per altra circoscriz­ione), e «ha iniziato ad andare spasmodica­mente alla ricerca di finanziame­nti e alleanze politiche. Tra fine 2018 e inizio 2019 a casa dell’on. Gelmini a Milano, dove conobbi Marco Bonometti, Comi voleva che io intercedes­si in suo favore nei confronti della Gelmini», e «anche Bonometti si spese con la Gelmini in favore della Comi».

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 ??  ?? Con Lara Comi sono stati arrestati Paolo Orrigoni (in alto), 42 anni, e Giuseppe Zingale (sotto), 54 anni
Con Lara Comi sono stati arrestati Paolo Orrigoni (in alto), 42 anni, e Giuseppe Zingale (sotto), 54 anni
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Un appunto del 2018 sequestrat­o a un indagato mostra lo schema della corruzione contestata al patron della catena Tigros, Paolo Orrigoni. Si possono leggere le parole «supermerca­to» e le cifre.
Lo schema Un appunto del 2018 sequestrat­o a un indagato mostra lo schema della corruzione contestata al patron della catena Tigros, Paolo Orrigoni. Si possono leggere le parole «supermerca­to» e le cifre.
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