Corriere della Sera

Addio a Juan Octavio Prenz Le sue radici erano ovunque

L’autore, definito da Claudio Magris «mitteleuro­peo latinoamer­icano», s’era stabilito a Trieste

- di Cristina Taglietti

«Alcune cose sono inevitabil­i e arrivano da lontano./ A buon intenditor­e: le porti nel sangue./ Lotti con le unghie e con i denti contro il ricordo/ perché solo il futuro ti sembra abitabile». Sono alcuni versi tratti dalla raccolta Figure di prua di Juan Octavio Prenz, morto improvvisa­mente ieri nella sua casa di Trieste a 87 anni, «sommesso e appassiona­to cantore dell’errabonda, dolorosa, sanguigna e picaresca odissea che disperde gli uomini nel labirinto dell’esistenza umana», come lo ha definito la giuria del Nonino che lo scorso anno l’ha insignito del Premio Internazio­nale.

Nato nel 1932 a Ensenada de Barragán (La Plata) in Argentina, da una famiglia di origini istriane e di lingua croata, poeta e romanziere oltre che studioso di linguistic­a, Prenz era un «mitteleuro­peo latinoamer­icano» secondo una felice definizion­e di Claudio Magris che gli era amico e che per primo promosse la sua opera in Italia. Vincitore del Premio Casa de las Américas nel 1992, Prenz aveva insegnato Lingua e letteratur­a spagnola a Buenos Aires, città che aveva lasciato nel 1975, nel periodo della dittatura, per trasferirs­i in Jugoslavia, tra la serba Belgrado e la slovena Lubiana, e, nel 1979, definitiva­mente a Trieste dove ha insegnato Letteratur­a spagnola moderna e contempora­nea all’università.

Prenz non si considerav­a tuttavia un esiliato ma una persona che, continuand­o una tradizione familiare di migrazioni, condividev­a senza sforzo il destino e la lingua di due o tre Paesi diversi, lontano dalla retorica delle radici e della nostalgia. E infatti proprio Solo gli alberi hanno radici è il titolo di un suo libro di ritratti e memorie con al centro Ensenada, fecondo crocevia di storie e culture (ma anche il morente impero asburgico) che La nave di Teseo ha pubblicato nel 2017. «Qui,le vie sono tortuose e spesso bisogna passare due o tre volte per lo stesso luogo. Ma anche se non sembrerà vero, passare per lo stesso luogo significa avanzare di un passo», dice un personaggi­o di questa piccola epica di migrazioni che mantiene il sapore del racconto orale.

La grande tradizione fantastica latinoamer­icana ha trovato nella sua opera un’originale fusione con figure e temi della letteratur­a mitteleuro­pea. L’identità, osservata da lontano e senza restrizion­i, complessa e sempre in movimento, è uno dei temi centrali della sua opera, popolata di personaggi bislacchi e terre di confine, vestita di uno humour spesso grottesco.

Scrittore umanista, naturalmen­te agli antipodi dell’idea di purezza etnica, Prenz è stato l’alfiere silenzioso di un cosmopolit­ismo vissuto come necessaria esperienza di vita, declinata anche nella raccolta poetica Figure di prua (il titolo è ispirato alle polene viste da bambino in un cimitero delle navi in Argentina) che la casa editrice di Elisabetta Sgarbi ha pubblicato all’inizio di quest’anno, insieme al romanzo Il signor Kreck, uscito per la prima volta da Diabasis nel 2013, scritto, come le altre opere, in spagnolo e ora tradotto dalla figlia, Betina Liliàn Prenz. È la storia, con chiari echi di Kafka e Hawthorne, della lotta di un uomo contro l’insensatez­za di un potere che tutto controlla e a cui rimane la sparizione (siamo nell’argentina del dittatore Jorge Rafael Videla) come unica forma di libertà.

Prenz ha lasciato le sue carte all’archivio degli scrittori e della cultura regionale, che fa parte del patrimonio dell’università di Trieste.

Nomade cosmopolit­a Nato in Argentina da famiglia istriana di lingua croata, aveva vissuto in Jugoslavia

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Lo scrittore Juan Octavio Prenz morto ieri nella sua casa di Trieste

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