Corriere della Sera

Il leader chiama Grillo: vediamoci, ti spiego tutto Ora anche Casaleggio finisce sotto attacco

Il fondatore (deluso) a Roma e il ministro torna dalla Sicilia

- di Alessandro Trocino

«Facciamo refresh sulla pagina del blog di Beppe Grillo ogni dieci secondi per vedere se arriva la bomba». Ai piani alti dei 5 Stelle in queste ore stanno messi così e forse anche per questo Luigi Di Maio ieri ha deciso di porre fine all’attesa e sminare l’ordigno il cui destinatar­io, a detta di tutti, è proprio lui. «Beppe, ora parlo io, voglio spiegarti come stanno le cose». La telefonata è partita ieri pomeriggio dal cellulare di Di Maio, con una richiesta esplicita: «Voglio vederti e spiegarti». E così sarà. Oggi Grillo riceverà l’uomo che il 22 settembre del 2017 a Rimini ha proclamato capo politico (dopo il voto su Rousseau). Un Grillo che dicono infuriato, deluso, tentato da gesti forti. Perché lui era espressame­nte contrario a un voto in Emilia-romagna, che mette in difficoltà Pd e governo, ma Di Maio non lo ha ascoltato. Come non ha ascoltato nessuno, visto che nella riunione di poche ore prima c’erano tutti i big e tutti gli hanno detto: «Meglio non partecipar­e». Ma lui ha detto no, ha forzato la mano, e con Davide Casaleggio e Pietro Dettori ha allestito in quattro e quattr’otto un voto il cui esito positivo era scontato.

La leadership in bilico

Di Maio è sotto processo. E lo sa. Sa che ha perso il controllo dei gruppi. E che i fedelissim­i di cui si era circondato, che pensava fossero yes man, gli si sono rivoltati contro. Sa anche che rischia di perdere la leadership, visto che il potere assoluto su di lui c’è l’ha Grillo. Per questo ha chiesto udienza. «Vuole implorare perdono», dice inclemente un big. Vuole fornire la sua versione, dicono altri. Versione che ripete ai suoi: «Non ce la faccio più a stare in prima linea così. Tutti chiedono condivisio­ne, tutti contestano l’uomo solo al comando, ma poi al momento buono si sfilano tutti. Perché nessuno ci ha messo la faccia sull’emiliaroma­gna?».

Uno sfogo in piena regola, con tanto di accuse a un gruppo dirigente che gli scarichere­bbe addosso tutte le responsabi­lità. Qualcuno, in seguito a un discorso del genere, penserebbe che Di Maio abbia in animo di mollare il ruolo di capo politico, o di renderlo collegiale. Ma non ci pensa neanche, assicurano i suoi. Sta solo provando a resistere alla bufera, che prima o poi, è la sua scommessa, farà naufragare questo governo e l’alleanza con il Pd, che giudica innaturale.

Naufragio e scissione

Non è un segreto che il rapporto con Alessandro Di Battista si sia rinvigorit­o. «Sono tornati in asse, si sentono tutti i giorni. E non è un segreto che molti pensano a uno scenario che sembra fantascien­tifico, ma non lo è. Si sa che Di Maio non è a suo agio a Palazzo Chigi, con i dem al suo fianco. Ieri, durante un tour siciliano che somiglia da vicino a una campagna elettorale, ha detto una frase indicativa: «Stando al governo abbiamo perso il contatto con la gente». Un modo per ritrovarlo, suggerisce la logica, sarebbe mollare il governo.

La road map sarebbe questa. Dramma Pd il 26 gennaio in Emilia-romagna. Crollo del governo, scioglimen­to delle Camere e campagna elettorale. Di Maio resterebbe ancora capo politico (ha un mandato che dura fino a dieci anni) e magari futuro ministro, mentre Di Battista tornerebbe frontman da comizio e capo parlamenta­re. Contestual­mente, riavvicina­mento con la Lega di Salvini o, comunque spostament­o a destra. A quel punto, Grillo potrebbe chiamarsi fuori, deluso da dirigenti che, di recente a Napoli, ha già mandato a quel paese. Una pattuglia dei big, ineleggibi­li dopo il secondo mandato nel Movimento, potrebbe approfitta­rne per mettere in piedi un vascello pirata, rivendican­do di essere il vero Movimento, «tradito» da Di Maio.

Attacco a Rousseau

Fantapolit­ica, per ora, certo. Ma non lo sono le manovre che in queste ore si svolgono non solo contro Di Maio, ma anche contro Davide Casaleggio. Al Senato, come ha scritto il Sole qualche giorno fa, c’è un gruppo di sedici senatori che sta lavorando a un documento che dà pieni poteri ai voti del gruppo. Nel senso che dichiara le decisioni prese dai senatori prevalenti non solo sulla linea politica di Di Maio, ma anche di Rousseau. Il gruppo si sta ingrossand­o e minaccia di metterlo ai voti martedì. Sarebbe un colpo definitivo al verticismo tecnocrati­co di Milano, oltre che a quello politico del capo assoluto. Del resto è noto il fastidio di molti eletti nel versamento obbligator­io per le casse di Rousseau. E nell’uso definito «disinvolto» dello strumento del voto, come è stato il caso dell’emilia-romagna e della Calabria.

Facilitato­ri

La strategia di Di Maio era semplice. Dopo aver resistito per un po’, si era deciso a dare una rivernicia­ta con i «facilitato­ri» e il «dream team». Lessico angloburoc­ratico per uscire dall’angolo e non sentirsi più dare dell’«uomo solo al comando». Ma la pratica si è rallentata. E ora che si sta arrivando al dunque, ci si è accorti che i «facilitato­ri», ovvero i responsabi­li di settore per temi, finiranno per non avere alcun potere. E così risulta che finora si siano pubblicame­nte candidati solo in due: Agostino Santillo e Andrea Cioffi. Quanto agli Stati Generali, qualcuno vorrebbe mettere al voto tutta la classe dirigente, compreso Di Maio. Un modo per delegittim­arlo. E infatti, magicament­e, il voto su Rousseau avrebbe dimostrato, nella sua lettura, che gli Stati Generali «non sono poi così urgenti».

 ??  ?? Beppe Grillo
Il comico, 71 anni, ha fondato il Movimento 5 Stelle nel 2009 con Gianrobert­o Casaleggio (19542016) e dal 2017 ne è il garante. È stato il primo a insistere sulla necessità di un’alleanza con il Pd, «nemico storico» in passato e oggetto delle sue invettive
Beppe Grillo Il comico, 71 anni, ha fondato il Movimento 5 Stelle nel 2009 con Gianrobert­o Casaleggio (19542016) e dal 2017 ne è il garante. È stato il primo a insistere sulla necessità di un’alleanza con il Pd, «nemico storico» in passato e oggetto delle sue invettive
 ??  ?? Luigi Di Maio
Il ministro degli Esteri, 33 anni, deputato dal 2013, è leader M5S dal 2017. Ex ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico ed ex vicepremie­r nel Conte I, ha difeso fino all’ultimo l’alleanza con la Lega ed è stato restio al patto di governo con il Pd
Luigi Di Maio Il ministro degli Esteri, 33 anni, deputato dal 2013, è leader M5S dal 2017. Ex ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico ed ex vicepremie­r nel Conte I, ha difeso fino all’ultimo l’alleanza con la Lega ed è stato restio al patto di governo con il Pd
 ??  ?? Roberto Fico
Il presidente della Camera, 45 anni, deputato dal 2013, ha più volte criticato la Lega quando era alleata al Movimento: è il leader dell’ala ortodossa, quella che più ha spinto affinché si portasse a compimento il patto con il Partito democratic­o
Roberto Fico Il presidente della Camera, 45 anni, deputato dal 2013, ha più volte criticato la Lega quando era alleata al Movimento: è il leader dell’ala ortodossa, quella che più ha spinto affinché si portasse a compimento il patto con il Partito democratic­o
 ??  ?? Alessandro Di Battista L’ex deputato, 41 anni, outsider e anima movimentis­ta M5S. Dopo un mandato alla Camera ha preferito la famiglia e i viaggi, ma ha continuato la critica al Movimento per aver perso la purezza delle origini ed essersi alleato col partito di Zingaretti
Alessandro Di Battista L’ex deputato, 41 anni, outsider e anima movimentis­ta M5S. Dopo un mandato alla Camera ha preferito la famiglia e i viaggi, ma ha continuato la critica al Movimento per aver perso la purezza delle origini ed essersi alleato col partito di Zingaretti
 ??  ?? Davide Casaleggio L’imprendito­re, 43 anni, figlio del cofondator­e M5S Gianrobert­o Casaleggio, è presidente dell’associazio­ne Rousseau e della Casaleggio Associati: sull’alleanza di governo e locale con il Pd è rimasto su una posizione mediana
Davide Casaleggio L’imprendito­re, 43 anni, figlio del cofondator­e M5S Gianrobert­o Casaleggio, è presidente dell’associazio­ne Rousseau e della Casaleggio Associati: sull’alleanza di governo e locale con il Pd è rimasto su una posizione mediana

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