Legge elettorale, il Pd apre a Giorgetti
Zingaretti convinto che si tornerà al bipolarismo. L’obiettivo di prosciugare i 5 Stelle e disinnescare Renzi
Il Pd cambia strategia. Basta corteggiare Luigi Di Maio. Se dentro i Cinque Stelle vi sarà un «ribaltone» e prevarrà l’ala favorevole a un’alleanza con i dem, bene. Sennò al Nazareno si punterà direttamente a prosciugare i grillini. E la riforma elettorale può servire a entrambi gli scopi. Per questo il Pd apre alla proposta di Giancarlo Giorgetti sul Corriere di avviare un tavolo di confronto su questa materia.
La Lega, come il Pd, è favorevole al maggioritario ed è contraria al mantenimento del Rosatellum o al ripristino del proporzionale puro, due sistemi che, invece, piacciono a Di Maio, I lavori sono quindi in corso. E c’è chi giura che ci siano stati già abboccamenti tra dirigenti del Pd e del Carroccio e chi racconta di aver visto Giorgetti e Andrea Orlando parlare fitto fitto in Transatlantico.
Le avvisaglie della «svolta» del Partito democratico sono contenute in un’intervista di Orlando all’huffington post: «Le richieste di Giorgetti non devono essere lasciate cadere». Il giorno dopo è stata la volta di Nicola Zingaretti: «Non va fatta cadere la proposta di Giorgetti di un tavolo di confronto». Ma il segretario del Pd ha aggiunto qualche dettaglio in più, lasciando intravedere quale sia la strategia del Pd: «Il processo politico italiano — ha osservato — va verso una netta bipolarizzazione. È chiaro che nel futuro il confronto e la competizione saranno sempre di più tra un campo democratico, civico e progressista, di cui il Pd è il principale pilastro, e la nuova destra sovranista». Quindi Zingaretti ha proseguito: «Il travaglio e le difficoltà, che rispettiamo, dei 5 Stelle hanno origine nell’accelerazione di questo scenario e accentuano una crisi di sistema che va rapidamente affrontata. Anche con una nuova legge elettorale».
Dunque, il gruppo dirigente del Nazareno spera di giocare di sponda con il partito di Salvini e di costringere il riottoso alleato 5 Stelle ad accettare una riforma elettorale che, per dirla con Zingaretti, «aiuti a formare coalizioni di governo chiare e stabili».
Infatti, non conviene al segretario del Pd ma nemmeno al leader della Lega un sistema, come il proporzionale, in cui Luigi Di Maio o Matteo Renzi possano vestire i panni di Ghino di Tacco. E poiché ormai il Pd ha perso ogni speranza di ritrovare il filo di un rapporto con il ministro degli Esteri, la strategia è cambiata.
Il tentativo è quello di mettere all’angolo i 5 Stelle, vedere se qualcosa lì dentro si muove, se gli oppositori di Di Maio vengono allo scoperto.
Se, insomma, la parte grillina che è favorevole a un’alleanza con il Pd entra nella partita. Se così fosse, una legge elettorale che spinge verso il bipolarismo potrebbe favorire la creazione di un’alleanza.
Ma anche in caso contrario, se cioè i 5 Stelle continuassero a volere giocare in proprio, sarebbe utile: un sistema che porta al bipolarismo consentirebbe al Pd, che ormai ha un peso maggiore in termini di consensi, di trasformare l’elettorato grillino nella sua «riserva di caccia». Del resto, come confidava l’altro giorno il viceministro Antonio Misiani a un amico, «i grillini sono a dir poco instabili. D’altra parte, ormai i cicli politici sono molto brevi, si vede con i partiti tradizionali, figuriamoci con un movimento così instabile».