L’affondo dei pm milanesi «L’immunità penale un pretesto per la disdetta»
Depositato l’intervento nella causa Arcelor
MILANO La questione dello scudo fiscale è stata usata «strumentalmente» da Arcelormittal perché la «vera causa della disdetta» del contratto d’affitto dell’ilva è «riconducibile alla crisi di impresa» e alla sua «conseguente volontà di disimpegno»: la Procura di Milano delinea le accuse nei confronti del gruppo francoindiano e, dopo aver aperto un’inchiesta contro ignoti per violazioni della legge fallimentare e aggiotaggio informativo, interviene nel procedimento d’urgenza promosso dai commissari straordinari per impedire il blocco della produzione, lo spegnimento degli altiforni e il licenziamento di 10mila addetti.
Nell’atto di «intervento» depositato dai pm Stefano Civardi e Mauro Clerici, coordinati dall’aggiunto Maurizio Romanelli, si legge che, come aveva dichiarato il Procuratore Francesco Greco nei giorni scorsi, ci sono «molteplici elementi di interesse pubblico» che impongono l’azione della magistratura penale, a partire dal fatto che il blocco della produzione a Taranto manderebbe in fumo il miliardo e 200 milioni di euro confiscato ai Riva e che, invece di essere incassato dallo Stato, è stato destinato con una legge apposita al risanamento ambientale. Per i pm, è necessario che il Tribunale delle imprese, che mercoledì esaminerà la questione, accolga il ricorso dei commissari e ordini ad Arcelormittal di rispettare il contratto d’affitto, di cui ha chiesto l’annullamento in una causa che comincerà a maggio, per tutelare «l’integrità degli impianti», la «salute pubblica, potenzialmente minata da una fermata», «il diritto al lavoro e i livelli occupazionali».
Nel documento i magistrati riportano le testimonianza di dirigenti di Arcelormittal che hanno dichiarato che dopo la decisione di sospendere la produzione (poi rinviata dal gruppo su invito del Tribunale), l’azienda ha smesso di rifornirsi di materie prime confermando che «ogni fermata di un altoforno» non «è mai senza danni». Uno dei testimoni ha raccontato che l’avventura dell’ilva era partita «con grande entusiasmo nel novembre 2018», ma già il primo semestre non andò bene e nei successivi la situazione peggiorò ulteriormente per la contrazione del mercato dell’acciaio e per la riduzione della produzione dovuta a problemi nella manutenzione degli impianti. Al terzo semestre «dovevamo recuperare 140 milioni con taglio del personale e cassa integrazione», ha detto un altro testimone, e «il quarto sarà difficilissimo». Un «trend inesorabile» con 30 milioni di euro al mese di perdite provocate anche dall’alto costo della manodopera, dovuto agli straordinari, e dal «tasso di assenteismo». A confermare il «quadro di crisi» di Arcelormittal Italia c’è la decisione del management che a giugno stabilì di ricorrere alla cassa integrazione per 1.300 addetti, il mancato pagamento il 5 novembre scorso della rata d’affitto trimestrale da 45 milioni e, secondo quanto riferito dall’ad Lucia Morselli in una riunione, l’azienda avrebbe «esaurito la finanza dedicata all’operazione».
Sulla vicenda è in corso anche un’indagine della Procura di Taranto,. Entrambi gli uffici investigativi hanno dichiarato di lavorare insieme in «perfetta armonia».