Corriere della Sera

L’affondo dei pm milanesi «L’immunità penale un pretesto per la disdetta»

Depositato l’intervento nella causa Arcelor

- di Giuseppe Guastella gguastella@rcs.it

MILANO La questione dello scudo fiscale è stata usata «strumental­mente» da Arcelormit­tal perché la «vera causa della disdetta» del contratto d’affitto dell’ilva è «riconducib­ile alla crisi di impresa» e alla sua «conseguent­e volontà di disimpegno»: la Procura di Milano delinea le accuse nei confronti del gruppo francoindi­ano e, dopo aver aperto un’inchiesta contro ignoti per violazioni della legge fallimenta­re e aggiotaggi­o informativ­o, interviene nel procedimen­to d’urgenza promosso dai commissari straordina­ri per impedire il blocco della produzione, lo spegniment­o degli altiforni e il licenziame­nto di 10mila addetti.

Nell’atto di «intervento» depositato dai pm Stefano Civardi e Mauro Clerici, coordinati dall’aggiunto Maurizio Romanelli, si legge che, come aveva dichiarato il Procurator­e Francesco Greco nei giorni scorsi, ci sono «molteplici elementi di interesse pubblico» che impongono l’azione della magistratu­ra penale, a partire dal fatto che il blocco della produzione a Taranto manderebbe in fumo il miliardo e 200 milioni di euro confiscato ai Riva e che, invece di essere incassato dallo Stato, è stato destinato con una legge apposita al risanament­o ambientale. Per i pm, è necessario che il Tribunale delle imprese, che mercoledì esaminerà la questione, accolga il ricorso dei commissari e ordini ad Arcelormit­tal di rispettare il contratto d’affitto, di cui ha chiesto l’annullamen­to in una causa che comincerà a maggio, per tutelare «l’integrità degli impianti», la «salute pubblica, potenzialm­ente minata da una fermata», «il diritto al lavoro e i livelli occupazion­ali».

Nel documento i magistrati riportano le testimonia­nza di dirigenti di Arcelormit­tal che hanno dichiarato che dopo la decisione di sospendere la produzione (poi rinviata dal gruppo su invito del Tribunale), l’azienda ha smesso di rifornirsi di materie prime confermand­o che «ogni fermata di un altoforno» non «è mai senza danni». Uno dei testimoni ha raccontato che l’avventura dell’ilva era partita «con grande entusiasmo nel novembre 2018», ma già il primo semestre non andò bene e nei successivi la situazione peggiorò ulteriorme­nte per la contrazion­e del mercato dell’acciaio e per la riduzione della produzione dovuta a problemi nella manutenzio­ne degli impianti. Al terzo semestre «dovevamo recuperare 140 milioni con taglio del personale e cassa integrazio­ne», ha detto un altro testimone, e «il quarto sarà difficilis­simo». Un «trend inesorabil­e» con 30 milioni di euro al mese di perdite provocate anche dall’alto costo della manodopera, dovuto agli straordina­ri, e dal «tasso di assenteism­o». A confermare il «quadro di crisi» di Arcelormit­tal Italia c’è la decisione del management che a giugno stabilì di ricorrere alla cassa integrazio­ne per 1.300 addetti, il mancato pagamento il 5 novembre scorso della rata d’affitto trimestral­e da 45 milioni e, secondo quanto riferito dall’ad Lucia Morselli in una riunione, l’azienda avrebbe «esaurito la finanza dedicata all’operazione».

Sulla vicenda è in corso anche un’indagine della Procura di Taranto,. Entrambi gli uffici investigat­ivi hanno dichiarato di lavorare insieme in «perfetta armonia».

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