Corriere della Sera

Salva-stati, il governo resta diviso sulla riforma

- Andrea Ducci

Una riunione di un paio di ore non è bastata. A Palazzo Chigi il vertice per la discussion­e sul Mes, il meccanismo europeo di stabilità, si è chiuso senza una soluzione ai principali nodi affrontati dal premier Giuseppe Conte con i ministri Luigi Di Maio, Enzo Amendola, Roberto Gualtieri, Federico D’incà e, per Italia viva, Luigi Marattin. Una delle poche certezze è che proprio Conte sarà in aula al Senato per riferire sulla riforma del Mes il prossimo 10 dicembre, alla vigilia del Consiglio Ue del 12 e 13 dicembre. Sul tappeto resta il cortocircu­ito sulla bozza del provvedime­nto creato per dare assistenza finanziari­a ai Paesi in difficoltà della zona euro. A concordare l’attuale testo è stato il governo Conte I lo scorso 14 luglio, sostenuto, dunque, da Lega e M5S. Partiti che ora attaccano l’intesa raggiunta dal premier, mentre il Pd, che non l’ha approvato, si ritrova a difendere il Mes attraverso Gualtieri. L’aspetto che più preoccupa è la facoltà assegnata al meccanismo di stabilità di chiedere ai Paesi con un debito non sostenibil­e di avviare una ristruttur­azione. Un’eventualit­à che per un Paese come l’italia, sempre alle prese con un debito molto elevato, appare poco rassicuran­te. Tanto che la Lega continua ad attaccare il premier. «Non vorrei che Conte avesse venduto la nostra sovranità per tenersi la poltrona. Se così fosse — affonda Matteo Salvini — sarebbe alto tradimento e, in pace o in guerra, è un reato punibile con la galera». Ma Conte pare intenziona­to a difendere l’accordo, escludendo il rischio isolamento a livello Ue per i tanti dubbi italiani sul Mes. «L’isolamento si rischia quando si spara lo slogan contro il mondo dal proprio Paese e non ci si siede ai tavoli come qualcuno pensa di fare». Dal versante M5S parla Di Maio che ribadisce: «Non voglio una riforma che stritoli il Paese».

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