Salva-stati, il governo resta diviso sulla riforma
Una riunione di un paio di ore non è bastata. A Palazzo Chigi il vertice per la discussione sul Mes, il meccanismo europeo di stabilità, si è chiuso senza una soluzione ai principali nodi affrontati dal premier Giuseppe Conte con i ministri Luigi Di Maio, Enzo Amendola, Roberto Gualtieri, Federico D’incà e, per Italia viva, Luigi Marattin. Una delle poche certezze è che proprio Conte sarà in aula al Senato per riferire sulla riforma del Mes il prossimo 10 dicembre, alla vigilia del Consiglio Ue del 12 e 13 dicembre. Sul tappeto resta il cortocircuito sulla bozza del provvedimento creato per dare assistenza finanziaria ai Paesi in difficoltà della zona euro. A concordare l’attuale testo è stato il governo Conte I lo scorso 14 luglio, sostenuto, dunque, da Lega e M5S. Partiti che ora attaccano l’intesa raggiunta dal premier, mentre il Pd, che non l’ha approvato, si ritrova a difendere il Mes attraverso Gualtieri. L’aspetto che più preoccupa è la facoltà assegnata al meccanismo di stabilità di chiedere ai Paesi con un debito non sostenibile di avviare una ristrutturazione. Un’eventualità che per un Paese come l’italia, sempre alle prese con un debito molto elevato, appare poco rassicurante. Tanto che la Lega continua ad attaccare il premier. «Non vorrei che Conte avesse venduto la nostra sovranità per tenersi la poltrona. Se così fosse — affonda Matteo Salvini — sarebbe alto tradimento e, in pace o in guerra, è un reato punibile con la galera». Ma Conte pare intenzionato a difendere l’accordo, escludendo il rischio isolamento a livello Ue per i tanti dubbi italiani sul Mes. «L’isolamento si rischia quando si spara lo slogan contro il mondo dal proprio Paese e non ci si siede ai tavoli come qualcuno pensa di fare». Dal versante M5S parla Di Maio che ribadisce: «Non voglio una riforma che stritoli il Paese».