Le motivazioni della Consulta sul caso Cappato-dj Fabo. «Urgente una legge»
La vicenda
● La Corte costituzionale il 25 settembre si è pronunciata sulla non punibilità di chi agevola il suicidio assistito di un paziente in condizioni fisiche e psicologiche «intollerabili»
● La Consulta nell’ottobre 2018 aveva dato al Parlamento un anno di tempo per varare una legge sul fine vita in seguito al processo a Marco Cappato sul caso del suicidio assistito di dj Fabo
ROMA La sentenza della Corte costituzionale sul «fine vita» non è un via libera al suicidio assistito, come qualcuno paventava, e le 19 pagine di motivazione che accompagnano la decisione presa il 25 settembre scorso sul «caso Cappato-dj Fabo» lo sottolineano in maniera esplicita. «Questa Corte ha escluso che l’incriminazione dell’aiuto al suicidio, ancorché non rafforzativo del proposito della vittima, possa ritenersi di per sé in contrasto con la Costituzione», scrivono i giudici della Consulta. E ne spiegano il motivo: la necessità di tutelare le persone, soprattutto le «più deboli e vulnerabili, che l’ordinamento intende proteggere da una scelta estrema e irreparabile» come quella di togliersi la vita; anche per scongiurare «interferenze di ogni genere» in momenti di «difficoltà e sofferenze».
L’articolo del codice penale che punisce chi istiga o aiuta al suicidio resta dunque in vigore, ma la Corte ha sancito la non punibilità di fronte a situazioni limitate e particolari che corrispondevano al caso specifico del dj Fabiano Antoniani il quale, rimasto cieco e tetraplegico, nel 2017 chiese aiuto all’esponente radicale Marco Cappato per andare a morire in Svizzera. In quella vicenda ricorrevano le condizioni che la Consulta ha posto come necessarie perché l’assistenza al suicidio non sia considerata reato: la persona che chiede coscientemente di essere aiutata a morire dev’essere «affetta da patologia irreversibile e fonte di sofferenze fisiche e psicologiche» per lui «assolutamente intollerabili», «tenuta in vita da mezzi di sostentamento vitale» e tuttavia «capace di prendere decisioni libere e consapevoli».
Dentro questi confini la Consulta ritiene che «il divieto assoluto di aiuto al suicidio finisce per limitare ingiustificatamente, nonché irragionevolmente, la libertà di autodeterminazione vetri antiproiettile di Tesla, ha lanciato una palla di ferro contro il finestrino che però si è rotto. «Forse ho tirato troppo forte», ha detto il miliardario. In Borsa il titolo Tesla è sceso del 5%.
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