LA POLITICA RESTA INERTE MA LE CITTÀ SI TRASFORMANO
Lo scenario Mentre i partiti attendono il destino, a livello locale si trova la strada: decine di centri stanno ripensando il loro futuro radicalmente e concretamente
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In una società dove per molte ore a settimana si vive di calcio molti hanno nelle orecchie frasi centrate sul termine «inerzia»: nelle partite chi è in vantaggio sfrutta l’inerzia favorevole della dinamica di giuoco; mentre chi sta subendo spera che quell’inerzia venga fermata e ribaltata da un gol, da un rigore, da un infortunio.
È verosimile che buona parte del dibattito politico di questi ultimi mesi sia spiegabile
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Come nel calcio
Chi è in vantaggio sfrutta la dinamica favorevole, chi sta subendo spera in un gol o in un rigore
attraverso tale riferimento esemplificativo. Nei sondaggi e nelle più recenti consultazioni elettorali il fronte della destra (e in particolare la sua componente leghista) cavalca un grande e quasi inarrestabile consenso e la sensazione che l’inerzia della partita non cambierà a breve e che si possa avere un lungo ciclo di vittorie. Dall’altra parte le opposizioni soffrono maledettamente l’inerzia della partita che non permette grandi speranze; e ne traggono quasi una rassegnata attesa che le destre vincano le prossime elezioni («tocca a loro, proviamo, che governino anche questi») e imbocchino poi il tempo del proprio logoramento.
È quasi sconcertante riscontrare una tale sotterranea rassegnazione; ma, per quanto sconcertante, è un atteggiamento razionalmente accettabile. Non ci sono oggi in realtà modi e strumenti per invertire l’attuale inerziale consenso, visto che l’armamentario tradizionale di decostruzione del potere è quasi completamente consumato: lo scandalismo personalizzato è stato fin troppo usato negli ultimi venti anni; il primato dell’etica nell’azione pubblica è stato sfruttato fino all’estremo limite (si pensi ai decreti «dignità» e «spazza corrotti»); gli appelli alla lotta sociale (contro le diseguaglianze crescenti o la povertà esistente) non hanno più la forza propulsiva di qualche anno fa; le grandi dispute di rilievo mondiale sugli squilibri della globalizzazione, sul sovranismo, sulla crisi della democrazia rappresentativa non fanno livelli di opinione capaci di trainare consenso; le stesse scelte di campo nella politica internazionale interessano sempre meno (nessuno si scandalizza più per il sorgere di una più flebile appartenenza occidentale e in parallelo di nuove opportunità ad Oriente, vicino o lontano che sia).
Ripercorriamo lentamente queste tematiche. E ne sentiremo la fatica, quasi l’incapacità di innervare a breve una inversione dell’inerzia politica attuale. Di conseguenza, viviamo una inevitabile mediocrità del confronto politico e dei suoi protagonisti: si scende a cavalcare egoismi molto diversi; a qualche duello apparentemente rusticano; a rifugiarsi nei social (in cui non si capisce la dimensione radicalmente minoritaria); a modesti tentativi di modesto trasformismo opportunistico; e soprattutto alla fatalistica attesa che «passi la nottata». Nessuna ambizione coraggiosa di sistema, nessuna strategia politica, in un Paese segnato dalla cedevolezza alla sua informe molecolarità (di soggetti, di interessi, di comportamenti).
Ed è partendo da questa constatazione che si deve convenire che è illusorio affrontare l’attuale inerzia del gioco politico partendo da alti concetti e impegnativi programmi di sistema (basterebbe prendere atto del volto di molti degli attuali protagonisti mediatici: «Non ci crediamo ormai neppure noi» sembrano dire). Meglio volare basso, il più vicino possibile Nuove prospettive
Ciò che si sta muovendo, a Cosenza come a Venezia, è destinato a una lunga durata
alla molecolarità dei soggetti e degli interessi. E forse, come è tradizione, è nella realtà della vita quotidiana, a livello locale, che si troverà la strada; ci sono infatti diecine di città medie che vanno ripensando il loro futuro radicalmente e concretamente (dal ridisegno urbano di Cosenza alla gestione del sovra-turismo di Venezia, non a caso due tematiche che terranno banco in tutta Italia nei prossimi decenni). Non si riuscirà forse a cambiare l’inerzia della partita politica in corso riavviando un paio di centinaia di città minori; ma qualcosa si muove ed è destinato a una lunga durata.