Corriere della Sera

DREYFUS E PIAZZA FONTANA IL CINEMA PER LA VERITÀ

- Caro Mario,

Ho ricevuto qualche lettera di solidariet­à alla senatrice Segre. Devo confessarl­e che sono state più numerose le proteste dei lettori indignati per un articolo del Corriere sul leghista ferrarese che ha chiamato il suo cane Rommel: lettere a favore del leghista, del cane e soprattutt­o di Rommel. È chiaro che a un giornale si scrive in primo luogo per protestare: colpisce però che la memoria di Rommel — generale di grandi capacità, costretto al suicidio dopo il fallito attentato a Hitler, ma fervente nazista a differenza della vecchia guardia prussiana, nonché nostro nemico a Caporetto — possa essere o apparire più viva di quella di Auschwitz. Ci pensavo guardando il film più bello dell’anno: «L’ufficiale e la spia», di Roman Polanski. È la storia di Alfred Dreyfus (il capitano ebreo ingiustame­nte accusato di spionaggio, condannato e deportato all’isola del diavolo) vista con gli occhi del colonnello Georges Picquart, l’uomo che ne scoprì e dimostrò l’innocenza. Ma la cosa più importante è che Picquart non è un amico di Dreyfus, né mai lo diventerà. È anzi un antisemita. Però è disposto a finire in carcere pur di non rinunciare alla verità. E alla fine la verità trionfa, grazie all’altissima dignità di un uomo di lettere — di origine italiana — come Émile Zola, anche lui condannato al carcere per il suo J’accuse, ma sostenuto dai più grandi artisti e scrittori del tempo: Édouard Manet, Anatole France, André Gide, Marcel Proust. È un veleno, l’antisemiti­smo, che sempre ritorna. E anche una mal riposta ragion di Stato può avvelenare la vita pubblica. C’è una scena nel film in cui Picquart risponde al suo superiore, il comandante dei servizi segreti che gli ordina di dimenticar­e Dreyfus anche se è innocente: «Non posso mica portarmi questo segreto nella tomba». «Il nostro mestiere è anche portarci certi segreti nella tomba» risponde il capo delle spie. Purtroppo questo vale anche per molti agenti segreti italiani. Perché abbiamo avuto pentiti di destra, di sinistra, di mafia; ma un pentito che abbia raccontato quello che hanno combinato i servizi segreti (deviati?) negli anni 70 non l’abbiamo avuto. A cominciare da piazza Fontana. Il prossimo 12 dicembre saranno cinquant’anni. Un’ottima occasione per la Rai di trasmetter­e il film di Marco Tullio Giordana, «Romanzo di una strage», che oltretutto la Rai ha coprodotto.

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Caro Aldo, non ho visto lettere sulle minacce a Liliana Segre. Forse non le considera gravi? Mario Prandi, Milano

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