Il presidente Kompatscher «In Alto Adige pericoloso usare slogan sovranisti»
Il presidente Kompatscher oggi incontra Mattarella e l’austriaco Van der Bellen
Per la prima volta oggi un capo dello Stato austriaco e uno italiano visitano insieme il campo di transito nazifascista di Bolzano. Oggi non resta che un muro ma da lì durante la guerra si passava, arrivando da Fossoli, verso Auschwitz-birkenau. Sergio Mattarella e Alexander Van der Bellen parteciperà alla cerimonia Arno Kompatscher, 48 anni, esponente di spicco della Südtiroler Volkspartei,presidente (al secondo mandato) della provincia autonoma di Bolzano e dell’intero Trentino-alto Adige. Più di chiunque altro, è lui che ha lavorato per rendere possibile questo incontro.
Perché le sembrava tanto importante?
«Perché l’ondata nazionalista non si è fermata ai confini dell’alto Adige, è arrivata anche da noi. Torna l’idea secondo cui bisogna pensare prima di tutto alla supremazia del proprio Stato, della nazione, del proprio interesse a spese di quello degli altri. Si dimentica che queste idee hanno portato alla catastrofe due volte nel ‘900. Hanno legittimato il fascismo, il nazionalsocialismo e l’accordo scellerato fra Hitler e Mussolini. Hanno prodotto milioni di vittime. Dunque ricordare è giusto, ed è attuale. Abbiamo tutti bisogno di dialogo, comprensione, disponibilità al compromesso».
Non è un po’ facile resuscitare ogni volta lo spettro del fascismo, banalizzandolo, per delegittimare gli avversari?
«Lei ha ragione. Prima di definire qualcuno fascista o nazista, ci penso sempre due volte. Non vanno sbagliati i livelli: quei periodi storici non sono tornati e non vedo un pericolo immediato. Ciò non toglie che molto lavoro resti da fare».
Che intende?
«Bisogna identificare, mostrare e condannare gli atteggiamenti che portano in sé il rischio di rovinare ciò che è stato costruito nel dopoguerra. Anno dopo anno, l’europa si è fatta sull’idea del compromesso, del saper trovare accordi con l’altro magari rinunciando a qualcosa, ma per avere un risultato comune che dà di più a tutti».
Chi è che minaccia l’ordine europeo oggi, secondo lei?
«Quelli del “prima noi”, dell’america First, del “prima gli italiani”, dell’österreich zuerst: letteralmente, “prima l’austria”. Questa visione tradisce quel che di grande ha fatto l’europa unita, quella che ci ha portato pace e benessere. A Bruxelles trovare accordi diventa sempre più difficile. Quando Alcide De Gasperi e Karl Gruber nel ’46 firmarono l’accordo sull’alto Adige furono criticati nelle loro capitali. Il premier austriaco perché aveva accettato i confini, quello italiano perché aver promesso l’autonomia. Invece quel compromesso si è dimostrato lungimirante. Noi in Alto Adige siamo una piccola Europa integrata nella grande Europa. E vogliamo restarlo».
Lei critica il «prima gli italiani», ma a Bolzano governa con la Lega.
«Non è solo la Lega a usare quello slogan, né solo il Fpoe (il partito di destra radicale, ndr) a dire Österreich zuerst. La mia non è una critica nei confronti di qualcuno in particolare, ma questo atteggiamento è pericolosissimo. Ci giochiamo il ruolo dell’europa nel mondo, la sicurezza che ci ha dato».
Intanto da Vienna si propone doppio passaporto ai sudtirolesi, a Bolzano c’è chi vuole bandire il nome «Alto Adige». Pericoloso anche questo?
«Prima di tutto chiariamoci: con le mie idee, credo di rappresentare la stragrande maggioranza della popolazione della provincia. Questo territorio ha un sistema considerato un modello di convivenza tra gruppi linguistici studiato in tutto il mondo. Le culture si preservano e si tutelano, perché avere forti radici conferisce la necessaria forza per essere aperti al mondo e al prossimo. Gran parte delle persone vedono la convivenza fra culture come un valore aggiunto».
Vuole dire che è tutto perfetto?
«No. Ogni tanto ci sono episodi che ci ricordano che non lo è. C’è chi vive di provocazioni, per raccogliere qualche voto e entrare in consiglio provinciale. Poi i media e la politica nazionali finiscono
Il pericolo
«Dire “prima gli italiani” o “prima gli austrici” può distruggere i lasciti del dopoguerra»
per enfatizzare solo di quegli incidenti o le sparate ultranazionaliste, come quelle di Eva Klotz. Ma quelli come loro rappresentano una minoranza. Che si parli italiano o tedesco, qui in moltissimi sono orgogliosi dell’autonomia e del nostro particolare sistema, sono felici di vivere in questa piccola Europa in Europa. La stragrande maggioranza la pensa così. Poi, chiaro, ci sono eccezioni. Bisogna per questo sempre stare attenti al rispetto reciproco».