Corriere della Sera

Giorgetti e il tavolo delle riforme: non porta al voto

Il vice del Carroccio: le elezioni non ce lo daranno mai

- di Francesco Verderami

Salvini ha un’idea particolar­e sul tavolo per le riforme: entri, consumi «e in un mese vai a votare». Ma quel tavolo non è un fast food, perché secondo Giorgetti «le elezioni non ce le daranno mai».

È inutile indagare se tra il leader della Lega e il suo vice ci sia davvero della ruggine, se la presenza di Calderoli e non di Giorgetti all’ultimo vertice del centrodest­ra sia la prova di un attrito tra i due. Il punto non è nemmeno se si tratti di un gioco delle parti. È vero che Salvini avrebbe voluto forzare i tempi per andare subito alle urne, tanto da aver informato di recente Berlusconi di un accordo stretto con una pattuglia di grillini, in numero sufficient­e da far saltare la maggioranz­a al Senato. E per evitare il rischio di veder fallire l’operazione, aveva chiesto garanzie sulla tenuta del gruppo di Forza Italia, che il Cavaliere — pur volendolo assecondar­e — non poteva dargli.

Se l’ex sottosegre­tario alla Presidenza ha sparigliat­o il gioco, non è solo perché ritiene che lo spazio per le elezioni non ci sia, ma anche perché è convinto che il tempo di questa legislatur­a verrebbe utile a raggiunger­e una serie di obiettivi. Il primo è la messa in sicurezza del sistema-paese, «visto che il tema economico ormai è diventato prioritari­o persino rispetto a quello dell’immigrazio­ne»: e il tavolo per le riforme servirebbe pure a «mandare un segnale di stabilità ai mercati che ci stanno voltando le spalle».

Il secondo obiettivo è stabilizza­re la politica: traguardo che — a suo giudizio — converrebb­e anche alla Lega. L’altra sera a Varese, terminato un incontro di partito, Giorgetti ha spiegato ad alcuni dirigenti del Carroccio che, «con il superament­o dei Cinque Stelle, bisognerà pensare al dopo, a costruire cioè un nuovo bipolarism­o in cui — almeno per una fase — la Lega sarà il traino di un blocco, quello del vecchio centrodest­ra». E allora l’idea del tavolo sulle riforme «ci avvantaggi­a», perciò nei colloqui con il Pd ha parlato di «ultima chiamata»: «Se voi ci siete, io ve lo porto», ha detto riferendos­i a Salvini. Senza mai dare neppure l’impression­e di volersi sostituire al suo leader.

Semmai il «Capitano» potrebbe usare il tempo in cui sarà in funzione il «tavolo» per accreditar­si nelle cancelleri­e internazio­nali: aspetto fondamenta­le per quanti — avendo l’intenzione di «entrare dalla porta principale di Palazzo Chigi» — volessero soprattutt­o rimanerci. Sono istruzioni per l’uso, «li sto pure iscrivendo al Ppe...», ha scherzato Giorgetti con un collega in Transatlan­tico. E la sua battuta è rivelatric­e di un disegno, è la risposta a una domanda che riempie certe conversazi­oni a Bruxelles.

Non è dato sapere se il presidente dell’europarlam­ento, il democratic­o Sassoli, abbia colto qualche frammento dei colloqui avvenuti durante il pranzo organizzat­o per il trentesimo anniversar­io della caduta del Muro. Ma proprio in quella occasione, dal presidente del Bundestag Schäuble all’ex capogruppo del Ppe Pöttering, tutti hanno chiesto agli italiani «notizie sulla Lega»,

come ha raccontato uno degli ospiti. Perciò la frase pronunciat­a del neopreside­nte del Ppe Tusk, «mai con la Lega», ha — per usare le parole di Giorgetti — «un valore statistico»: «Ed è statistica­mente dimostrato che il “mai” non regge mai». Ci sarà il tempo di dimostrarl­o durante la Commission­e della von der Leyen.

In Europa il catalogo è questo. In Italia ce n’è uno speculare, all’ombra di un governo che — tranne cataclismi — dovrebbe reggere almeno fino a primavera. Al tavolo delle riforme, invece, si aprirebber­o giochi che proseguire­bbero ben oltre la prossima primavera. Ecco cosa ha indotto la Meloni a chiedere pubblicame­nte «chiarezza» all’alleato leghista. Perché il tavolo non sarebbe quello di un fast food, e se davvero la legislatur­a andasse avanti, Salvini — secondo Giorgetti — siederebbe tra i commensali che deciderebb­ero il prossimo inquilino al Colle. Com’è quella battuta: «Draghi? Why not...».

Il governo durerebbe fino alla primavera ma la trattativa andrebbe anche oltre

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