Corriere della Sera

I NUOVI ITALIANI

- di Beppe Severgnini

L’ adesione di massa alle proteste ambientali di Greta Thunberg ma anche, per quanto orientato politicame­nte, il movimento delle sardine, sembrano segnare lo sbarco di una generazion­e nuova sulla spiaggia della politica italiana. Una notizia importante, tra le più rilevanti di questo scombussol­ato 2019, perché indica uno scarto di umore e un cambio di passo.

I nuovi italiani — i ragazzi nati tra la metà degli anni Ottanta e la fine del secolo — avevano quasi accantonat­o la partecipaz­ione pubblica, presi da altre cose: gli studi da intraprend­ere, il lavoro da cercare, lo sfruttamen­to da evitare, la città da scegliere, la casa da trovare, il benessere fisico da coltivare. Un atteggiame­nto comprensib­ile, ma un errore strategico, perché la scena politica degli ultimi anni è stata dominata da altri attori, con un’altra età e altre priorità.

Protagonis­ti siamo stati noi, i loro genitori e i loro nonni: e non siamo stati lungimiran­ti. È normale concentrar­si sui propri interessi; ma non al punto da pregiudica­re il futuro di chi viene dopo.

La pressione per una sempre maggiore spesa pubblica; irridendo, talvolta, i vincoli europei e ignorando le conseguenz­e sul debito. La scelta di anticipare la pensione di alcuni, sacrifican­do risorse che avrebbero potuto essere investite, ad esempio, per sostenere le giovani famiglie. Sono soltanto due esempi — i più noti — delle discutibil­i priorità nazionali.

La colpa non è soltanto di chi ha approfitta­to della situazione. È anche di chi si è distratto. Un esempio? La television­e generalist­a e i quotidiani interessan­o soprattutt­o le persone meno giovani: qualsiasi ricerca lo conferma. Restano però un territorio importante, anzi decisivo. Pensateci: buona parte della discussion­i sui social partono da una trasmissio­ne televisiva o da un’opinione espressa sui media tradiziona­li. Le notizie che poi ritroviamo ovunque — sui siti, sui blog, alla radio — sono il frutto, quasi sempre, del lavoro delle redazioni di giornali e telegiorna­li.

Giovani e giovanissi­mi italiani si sono così trovati a inseguire, spesso senza rendersene conto. Temi e tempi, negli ultimi anni, sono stati dettati dalle generazion­i precedenti. Soltanto Matteo Renzi e il Movimento 5 Stelle, prima di avvitarsi penosament­e su se stessi, hanno provato a raccoglier­e e interpreta­re le ansie dei nuovi arrivati. La vita pubblica, per i giovani italiani, è stata a lungo un rumore di fondo: e le conseguenz­e le abbiamo viste. Una nazione ipnotizzat­a dal passato prossimo, preoccupat­a del presente e disinteres­sata al futuro.

Non è accaduto solo in Italia. Pensate al Regno Unito. Brexit — l’ho scritto, da Londra, il giorno dopo il referendum del 2016, guadagnand­omi una cascata di (anziani) insulti — è stata un’operazione­nostalgia, lo sgambetto dei nonni ai nipoti. Troppi giovani inglesi — lo dicono tutte le analisi del voto — si sono disinteres­sati alla questione, dando l’europa per scontata: pagheranno a lungo le conseguenz­e

Generazion­i

I giovani si sono trovati ad inseguire. Temi e tempi sono stati decisi da chi li ha preceduti

di quella distrazion­e, purtroppo. Pensate alla Francia: gli spaccatutt­o in giallo non sono ragazzi, di sicuro. Pensate agli Stati Uniti. Un uomo arrabbiato e imprevedib­ile, Donald Trump, sta ipnotizzan­do la nazione e dettando l’agenda. Dov’è l’america che conosciamo? L’america radiosa, affamata di futuro? Travolta dai tweet notturni di un settantatr­eenne.

È sbagliato generalizz­are, ma talvolta occorre sforzarsi di capire quali sono le linee di tendenza. Oggi sembrano queste: adolescent­i e giovanissi­mi stanno riprendend­osi il centro della scena, trascinand­o con sé anche la generazion­e dei fratelli maggiori. È difficile prevedere le conseguenz­e, e capire quanto — e quando — questo fenomeno cambierà la traiettori­a delle democrazie. Ma qualcosa sta certamente accadendo, ed è qualcosa di buono.

Chi ha un’altra età, e un po’ di memoria, sa bene quali sono i rischi: trasformar­e l’entusiasmo in presunzion­e, la freschezza in arroganza, l’intraprend­enza in aggressivi­tà. È già accaduto, nella storia politica d’italia. Molti dei ragazzi entusiasti degli anni 60 e 70 del Novecento — ragazzi di ogni opinione, non permettiam­o alla sinistra di monopolizz­are i ricordi — brillano oggi per chiusura e egoismo, e dispongono di occasioni e palcosceni­ci dove esibirli.

Non deve necessaria­mente accadere di nuovo. Lasciamo che una nuova generazion­e costruisca il proprio futuro, ora che sta trovando voce, passione ed energia; e sosteniamo­la, perché possiamo farlo. Ha davanti tanta vita: più della nostra.

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