Mattarella in Alto Adige con il presidente austriaco: qui c’è una piccola Europa
La storica visita a cent’anni dal passaggio della provincia all’italia
Per molto tempo a Bolzano e dintorni gli anniversari hanno rappresentato occasioni conflittuali per rinnovare memorie separate e polemiche inquinanti. Ieri, a cent’anni dal trattato di pace di Saint Germain che sancì il passaggio dell’alto Adige dall’austria all’italia e a 50 dall’approvazione del pacchetto di norme che ha dato vita al secondo statuto di autonomia, Sergio Mattarella e il suo omologo viennese Alexander Van der Bellen, hanno solennizzato la ricomposizione di quelle vecchie tensioni. Un incontro che ha visto i due capi di Stato impegnati a incrociare tra loro messaggi e — l’uno al fianco dell’altro — atti simbolici di sintonia e amicizia.
Comincia Mattarella a Castel Tirolo, sopra Merano, ricordando che «nel grande ambito europeo ciascun popolo sa di rappresentare una minoranza perché l’europa nasce composita e la sua forza consiste nel saper unire le diversità… questa provincia, tutti gli altoatesini sudtirolesi, di lingua tedesca, italiana, ladina, rappresentano (e qui cita una definizione di Arno Kompatscher, il presidente della Provincia, ndr) una piccola Europa nel cuore dell’europa».
Poi, in un ampio excursus, il capo dello Stato ricostruisce il progressivo perfezionamento di questo «unicum assoluto» e «modello per tutto il mondo». Una storia complessa e difficile, segnata da due guerre e schiacciata tra fascismo e nazismo, in cui si arrivò alla «politica della pulizia etnica: o tedeschi nel Reich o italiani in Italia. Ecco la scelta delle opzioni imposta dalle due dittature».
Una lunga fase dalla quale si uscì nel dopoguerra «con il rifiuto dei regimi che avevano trascinato il continente nell’abisso del conflitto e grazie all’accordo De Gasperi-gruber», che aprì una prospettiva nuova. Il percorso, ammette Mattarella, è stato «tortuoso e ha attraversato periodi bui», compresa «la parentesi del terrorismo». Capitoli di una vicenda complessa e da non dimenticare, aggiunge il presidente, esortando gli altoatesini (e non solo) a una doppia consapevolezza: «la memoria è la pietra angolare contro pericolosi virus che sono in agguato, sempre pronti a infettare i tessuti vitali delle nostre società»; «in un mondo sempre più globalizzato solo il disegno europeo sarà in grado di rappresentare e proteggere le nostre comunità permettendoci di continuare ad accrescere il nostro sviluppo sociale». Parole cui Van der Bellen annuisce con convinzione, prima di recarsi con il padrone di casa a deporre una corona sul muro dell’ex lager di Bolzano.