Hong Kong vota. I rivoltosi preparano la «beffa»
Elezioni per i consiglieri locali: un test per il dopo-proteste. Il movimento: mentite ai sondaggisti
PECHINO Quattro milioni di cittadini sono stati chiamati alla mobilitazione a Hong Kong. Questa volta non per cortei di protesta ma per andare alle cabine elettorali e scegliere circa 500 consiglieri nei 18 distretti della città. Sono elezioni a suffragio universale, le uniche a Hong Kong (il governatore è nominato da un collegio di 1.200 «saggi») e naturalmente per il resto della Cina, dove il Partito-stato si guarda bene dal consultare il popolo. Il voto di oggi arriva dopo cinque mesi di fuoco per la protesta e poi per la guerriglia contro il governo locale e soprattutto il potere centrale di Pechino. Domenica scorsa studenti e polizia si battevano intorno al Politecnico e un nucleo di giovani irriducibili ieri notte era ancora chiuso nel campus assediato.
Di solito le elezioni distrettuali a Hong Kong sono limitate a questioni locali: traffico, verde pubblico, scuole affollate. Ma questa volta sono strategiche. Quello di oggi è un test sul consenso per la protesta (anche quella violenta) o al contrario per lo status quo con invadente abbraccio cinese. I due fronti sono preoccupati per un esito imprevedibile che avrà un impatto politico importante sulla crisi. Apertura prevista dei 600 seggi alle 7.30 ora di Hong Kong (mezzanotte e mezza di ieri ora italiana). Tutti i 31 mila poliziotti della città sono stati mobilitati per la sicurezza. Si sono registrati per il voto 4,3 milioni di cittadini (su un totale di 7,3 milioni). Un record di partecipazione potenziale: +12% rispetto all’ultima tornata del 2015.
I consiglieri di quartiere contano poco, decidono tutto i mandarini governativi selezionati con il bollo di Pechino. Ma se i candidati democratici conquisteranno posizioni, significherà anche sostegno per la protesta democratica e anticinese, comprese le tattiche aggressive dei giovani vestiti di nero. Se prevarranno i candidati pro establishment e filocinesi, il governo potrà dire che la maggioranza silenziosa è sempre per lo status quo, accetta la sintonia con la madrepatria Cina ed è stanca di vedere la città in stato di lotta continua.
Il significato strategico è confermato dalla mobilitazione della stampa cinese che ha fatto campagna con foto di poliziotti alla carica e l’appello: «Aiutali a finire la missione. Vota pro establishment». Istruzioni per il voto sui social network del movimento giovanile: «Oggi niente magliette nere, non provochiamo repressione; mettere la sveglia alle 7 per essere sicuri di arrivare prima delle 7.30 del mattino; rispondere educatamente a ogni domanda dei sondaggisti e dire che avete votato pro establishment». I giovani sperano in una nuova beffa al potere.