Corriere della Sera

Tasse alte, depositi pieni (e contrabban­do florido) Il flop dell’«erba» legale

Canada e Stati Uniti, il business si è rivelato una bolla

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● In Italia la vendita di marijuana è illegale. A maggio la Cassazione ha proibito anche la vendita di cannabis light a meno che non sia priva di «efficacia drogante»

In Francia

● L’uso e l’acquisto di cannabis è un reato in Francia e sono previste pene fino a un anno di carcere. Nel 2020 sarà introdotta una sperimenta­zione per uso terapeutic­o

In Spagna

● È legale la coltivazio­ne a scopo personale ma non lo spaccio che è reato penale. Il consumo può avvenire anche in modo collettivo (nei Cannabis Social Club)

Depositi zeppi di foglie di cannabis raccolte dai campi e invendute. Un mercato legale che non cresce come previsto mentre quello clandestin­o continua a prosperare. L’allarme marijuana parte dal Canada, il primo Paese che, un anno fa, ha legalizzat­o coltivazio­ne, trasformaz­ione e consumo di questa sostanza tanto a livello federale quanto nei singoli Stati. Ma le cose non vanno meglio negli Stati Uniti dove il consumo di marijuana è ormai legale in 11 Stati, dalla California alla capitale, Washington, mentre la sua assunzione come terapia medica è autorizzat­o in gran parte del Paese (33 Stati): il business del futuro nel quale centinaia di imprese avevano investito ingenti capitali si sta rivelando un flop. Nell’ultimo anno i maggiori gruppi che avevano investito in questo settore hanno perso i due terzi del loro valore. La battuta è facile: 35 miliardi di dollari andati in fumo.

Eppure l’accettazio­ne sociale della marijuana cresce, mentre le barriere legali si riducono: in Canada sono cadute del tutto mentre negli Usa commercio e consumo restano un reato a livello federale. Ma in Congresso la Camera ha appena votato (in commission­e e presto andrà in aula) la legalizzaz­ione. Al Senato, dove c’è una maggioranz­a repubblica­na e il leader, Mitch Mcconnell, si oppone, alcuni parlamenta­ri conservato­ri sembrano disposti a votare, su questo, coi democratic­i. Del resto i sondaggi (da Gallup al Pew) sono concordi nell’indicare che oltre i due terzi degli americani sono favorevoli alla liberalizz­azione. E, tra questi, anche una maggioranz­a (55 per cento) di elettori repubblica­ni.

Perché, allora, questo quadro fallimenta­re del mercato? Gli ottimisti sostengono che ci vuole tempo per trovare il giusto equilibrio: in America gli entusiasmi iniziali hanno prodotto una bolla di investimen­ti eccessivi che ora sta scoppiando. In Canada, che ha immensi territori agricoli e una popolazion­e molto limitata, la coltivazio­ne di cannabis è cresciuta esponenzia­lmente mentre le strutture di trasformaz­ione e distribuzi­one sono rimaste asfittiche: metà dei 560 negozi autorizzat­i sono in una provincia poco popolata, l’alberta, mentre Quebec e Ontario, dove vivono due terzi dei canadesi, hanno appena 45 negozi.

Ma non è solo un problema di speculazio­ni finanziari­e o di ritardi amministra­tivi nelle concession­i. Tanto in Canada quanto negli Stati Uniti il principale fallimento riguarda quella che era stata la principale motivazion­e alla base della campagna per la legalizzaz­ione: eliminare il mercato nero. Spazzare via un intero settore dell’economia criminale creando al tempo stesso un nuovo settore economico legale che produce lavoro ed entrate fiscali.

Non è andata così: tanto in Canada quanto negli Usa la marijuana illegale continua a prevalere su quella che transita per i canali regolari. In sostanza il racket della droga si è dimostrato abile e reattivo nell’abbassare i costi del suo prodotto importato illegalmen­te, mentre la decriminal­izzazione ha ridotto i rischi (una cosa è essere accusati di contrabban­do ben altra essere incriminat­i per spaccio di sostanze potenzialm­ente mortali). Oggi molti gruppi criminali creano centrali direttamen­te negli Usa e in Canada anziché appoggiars­i su strutture intermedie in Messico.

Gli Stati che hanno legalizzat­o la cannabis, poi, hanno deciso di applicare un’elevata tassazione come per altre attività «viziose», dal fumo al gioco d’azzardo. Risultato: negozi costretti a pagare molto per la loro licenza e che vendono un prodotto legale altamente tassato devono imporre prezzi che a volte sono addirittur­a un multiplo di quelli del mercato nero.

Spiegano gli stessi cittadini intervista­ti dai sondaggist­i: «Abbiamo detto sì alla legalizzaz­ione della marijuana, ma non abbiamo detto da chi vogliamo comprarla e qual è un prezzo accettabil­e».

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