Corriere della Sera

Flash mob e slogan: ora una svolta Ci sono i fondi per le vittime

- Maria Egizia Fiaschetti

ROMA Nel giorno della manifestaz­ione contro la violenza sulle donne il governo annuncia lo sblocco di 12 milioni di euro destinati al fondo per gli orfani di femminicid­io. A darne notizia è il ministro dell’economia, Roberto Gualtieri: «Il decreto è pronto. I soldi non restituisc­ono l’affetto mancato, ma da lunedì (domani, ndr) finanziere­mo borse di studio, spese mediche, formazione e inseriment­o al lavoro». A Roma è da brividi il momento in cui la marea che sciama da piazza della Repubblica verso piazza San Giovanni si ferma in via Cavour, di fronte alla basilica di Santa Maria Maggiore: l’onda fucsia (100 mila persone secondo gli organizzat­ori, 10 mila secondo la Questura) si siede in silenzio per cinque minuti, per esplodere poi in un urlo liberatori­o. Nel flash mob confluisce la rivolta di «Non una di meno» che rende omaggio a Daniela Carrasco, artista di strada cilena, conosciuta come El mimo: sui social le femministe del suo Paese denunciano che a uccidere la 36enne — il corpo è stato ritrovato impiccato nel recinto di un parco a Santiago — siano stati i militari. Alla testa del corteo romano, accanto alle manifestan­ti con il cerone da clown, le attiviste del centro antiviolen­za «Lucha y siesta», che ospita 14 donne e sette minori, sfilano con le maschere da luchadoras. Maria Brighi, nel consiglio direttivo della Casa internazio­nale delle donne, le cui attività sono a rischio a causa di un contenzios­o economico con il Comune, rivela: «Abbiamo proposto una transazion­e, ma a distanza di un anno ancora nessuna risposta». E si chiede: «Dov’è la sindaca? In una giornata come questa dovrebbe essere qui». Al quarto anno di protesta, dopo la mobilitazi­one contro il ddl Pillon, il movimento è a un punto di svolta. E il primo passo è nel cambiament­o culturale, a partire dal linguaggio, necessario per ribaltare la narrazione: «Basta con l’uso della parola “vittima”, sinonimo di subalterni­tà — insiste Simona Ammerata, di «Lucha y siesta» — che si limita all’aspetto punitivo-normativo. Se la violenza è in aumento è anche perché viene comunicata male». Le cifre: «L’anno scorso le denunce per reati sessuali sono state 5 mila, un milione e 400 mila per abusi sul posto di lavoro». Carente la rete di assistenza pubblica: la legge prevede un centro antiviolen­za ogni 10 mila abitanti, mentre nel Lazio la copertura rispetto al fabbisogno è dello 0,005%. Soltanto a Roma i posti letto dovrebbero essere 300, a fronte dei 23 disponibil­i.

Simbolo dell’impegno «per una saldatura transnazio­nale» due giovani cinesi, Yihan e Juna, di 24 e 31 anni, arrivate da Bologna e Milano: «Da noi il femminismo, l’arte, i movimenti sociali sono censurati». Per una ragazza iraniana di 23 anni, che studia Medicina e chiede di restare anonima, è la prima volta in piazza per le rivendicaz­ioni delle donne: «A Teheran dovrei indossare l’hijab, perfino ballare in strada è vietato. Finora le proteste sono state inefficaci, ma tutte le dittature prima o poi sono destinate a finire». Al corteo si vede anche l’ex presidente della Camera, Laura Boldrini: «L’attacco è globale: stessa lobby in Usa, Russia, Africa... Dobbiamo rilanciare un movimento forte e strutturat­o contro i tentativi di rimettere in discussion­e i diritti».

Roma

La marea fucsia ha invaso la Capitale: per la questura erano almeno in diecimila

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy