SOGNO, UOMO DI DESTRA, AVREBBE VOLUTO LA CITTADINANZA PER LILIANA SEGRE
Caro Aldo, la cittadinanza negata alla Segre avrebbe fatto impazzire Edgardo Sogno, che avrebbe marciato su Biella. Lui che se avesse potuto «premere un bottone e far scomparire i nazisti, non lo avrebbe fatto con un dito, ma con un pugno». Dalla sua autobiografia.
Cara Rossella,
Grazie per la sua formidabile lettera. È sempre imprudente attribuire ai morti intenzioni di cui non possiamo avere conferma. Ma ho conosciuto molto bene Edgardo Sogno, e sono certo che lei abbia ragione: si sarebbe indignato per il rifiuto della cittadinanza onoraria di Biella, la sua terra d’origine, a Liliana Segre. Di più: Sogno, che pure era stato volontario in Spagna, quindi non si poteva definire antifascista, quando seppe delle leggi razziali passeggiò ostentatamente sotto i portici di Torino con la stella gialla appuntata sul petto. Un gesto di sfida al regime che fa parte del suo carattere a metà tra il guascone e l’eroico. Quando poi il 10 giugno 1940 il Duce annunciò l’ingresso dell’italia nel secondo conflitto mondiale, Sogno mise la Marsigliese a tutto volume, spalancò le finestre di casa e fece ascoltare all’intero quartiere l’inno di una nazione cui avevamo appena dichiarato guerra. Questo perché era contro l’intervento italiano a fianco dei tedeschi, anche se poi chiese di partire per la Russia. Fu arrestato perché davanti a un treno di ebrei deportati urlò di resistere perché presto il nazifascismo sarebbe stato sconfitto. Rischiò la vita per combatterlo. Fu arrestato e torturato, si salvò per miracolo. Prima di morire rivelò di aver voluto davvero organizzare all’inizio degli anni 70 un «golpe bianco», un colpo di Stato incruento, sul modello gollista, per mettere fuori gioco i comunisti e fare dell’italia una Repubblica presidenziale. Golpe da operetta, come tutti quelli che non riescono; però aveva contattato i vertici delle forze armate, e quasi nessuno gli aveva detto di no. Naturalmente la sua non era una confessione, ma una rivendicazione, che mi affidò in un libro-intervista uscito nel 2000, l’anno della sua morte. «Se n’è andato il mio Sandokan» scrisse Umberto Eco, ricordando che da bambino ascoltava a Radio Londra i «messaggi per la Franchi»: Franchi era Edgardo Sogno, ed era anche il nome della sua organizzazione che faceva da tramite tra gli Alleati e i partigiani. Tra pochi mesi saranno vent’anni. Mi piacerebbe ristampare quel libro, ma mi hanno spiegato che non avrebbe mercato: oggi Edgardo Sogno nessuno sa più chi sia. Grazie Rossella per averlo ricordato.