Sul comodino metto la mia vita: è un libro
Lascia tracce che si imprimono nel nostro essere. Forma l’intelletto, a volte l’indole. Ogni libro letto, amato, e poi riletto, crea un sostrato nel pensiero che accompagna l’uomo. Al «libro dei libri, assoluto e sacro (…) che non si smette di leggere», il livre de chevet (letteralmente: il libro da capezzale, che si tiene sul comodino), è dedicato Livres de chevet de Montaigne à Mitterrand. Convegno internazionale di studi. Gargnano. Palazzo Feltrinelli 15-17 giugno 2017, a cura di Alessandra Preda ed Eleonora Sparvoli (autori vari, Led edizioni, pp. 277, 37). Un volume con testi in italiano e francese che raccoglie gli atti del X seminario Balmas, che ha avuto luogo al palazzo Feltrinelli di Gargnano (Brescia), sulla scia di un ciclo di incontri avviato nel 1999.
Il tema, livre de chevet, rientra nel progetto di ricerca (coordinato dall’università degli Studi di Milano) Leggo, dunque sono, che vuole indagare la formazione della persona nell’europa moderna attraverso il rapporto tra lettura e opere. Partendo dall’evoluzione di questo simbolo, il convegno propone testimonianze dalla letteratura francese, in due filoni: il primo indaga il livre de chevet inteso concretamente come testo «da comodino», da tenere intimamente vicino al cuscino, dove un tempo si poggiava, a protezione, la spada (l’épée de chevet). Da compagno della notte a traghettatore verso i sogni: nel Rinascimento il suo significato diventa metaforico, il libro attraversa il cuscino e agisce sui sogni, entra dentro di noi.
Si passano in rassegna numerosi autori, come Montaigne, che si nutre dei libri da comodino per creare la sua opera (per lui la lettura è attiva e critica); Voltaire, ossessionato dall’orlando furioso di Ariosto e Cartesio che vuole sparigliare le carte: basta spazio ai classici greci o latini («orpelli di un passato che non tocca l’essenza della verità») ma titoli che si discostino dal mito per dare posto alla ragione, a un «io» nuovo.
Il secondo filone del convegno si concentra sul livre de chevet «collettivo», inteso come testimonianza di un cambiamento di mentalità, costume, canone estetico, e non come lettura personale. Ne è emblema Paul et Virginie (1787) di Bernardin de Saint-pierre, che ha rappresentato il livre de chevet di un secolo, il XIX: il racconto della fine della natura, la perdita dell’innocenza, la virtù che lascia spazio al vizio… il mondo che sta cambiando. E poi, il livre de chevet come arma di seduzione (ma anche di potere): ecco l’esempio della corrispondenza amorosa tra l’ex presidente francese, François Mitterrand (1916-1996) e la sua amante, Anne Pingeot: 1.218 lettere (1962-1995) raccontano la complicità intellettuale tra i due, lo scambio di titoli e descrivono il libro consigliato come «compagno di vita, porta del sogno, oggetto-feticcio, motore della scrittura...».
Sta lì sul comodino il libro di una vita, sempre uguale a sé stesso e sempre diverso, un po’ come noi; un ponte che ci accompagna fuori nel mondo e che ci riporta dentro noi stessi. E crea legami, scambi; testimonia un’epoca. O forse, scrive Stefano Raimondi, «un libro da comodino è un tassello autobiografico: esso dice di noi attraverso una mediazione narrativa, poetica, saggistica».