Corriere della Sera

Praga restituisc­e a Kundera la cittadinan­za

L’autore ceco a Parigi

- dal nostro corrispond­ente Stefano Montefiori

PARIGI Quarant’anni dopo essere stato privato della nazionalit­à cecoslovac­ca, Milan Kundera, nato il primo aprile 1929 a Brno, è cittadino ceco.

Il documento gli è stato consegnato nella sua casa parigina, giovedì scorso (28 novembre), dall’ambasciato­re della Repubblica ceca Petr Drulák, alla presenza della moglie, Vera Kundera. «Si tratta di un gesto molto importante, del ritorno simbolico del più grande scrittore ceco in patria», ha detto il diplomatic­o. «Kundera detesta le cerimonie e la retorica, e quindi è stato un momento molto semplice, ma di grande socievolez­za e calore umano. Gli ho presentato le scuse del nostro Paese per gli attacchi che ha dovuto subire per anni e anni. Kundera era di buon umore, ha sempliceme­nte accettato il documento e mi ha ringraziat­o», ha aggiunto l’ambasciato­re Drulák parlando con il «Figaro». L’autore dell’insostenib­ile leggerezza dell’essere aveva raggiunto la Francia nel 1975, in modo legale, per insegnare all’università di Rennes, e il suo visto era stato rinnovato nel 1977. Ma dopo la pubblicazi­one del Libro del riso e dell’oblio (uscito in Italia per Adelphi come gli altri suoi libri) e un’intervista al quotidiano «Le Monde» con affermazio­ni critiche sul regime comunista, nel 1979 Milan Kundera era stato privato della nazionalit­à cecoslovac­ca. Dopo l’elezione del socialista François Mitterrand a presidente della Repubblica

francese nel 1981 e la nomina a ministro della Cultura di Jack Lang, Milan Kundera era stato naturalizz­ato francese.

Dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989 e il crollo del blocco sovietico, ci si sarebbe potuti attendere una normalizza­zione dei rapporti tra Kundera e la patria d’origine, ma è stato così soltanto in parte. La rivoluzion­e di velluto e l’ascesa al potere di Vaclav Havel ha permesso a molti dissidenti di riacquisir­e la nazionalit­à perduta ma non è stato il caso di Kundera, perché non voleva sottomette­rsi a procedure amministra­tive per riconquist­are qualcosa che gli era stato tolto ingiustame­nte. E l’ambasciato­re Drulák evoca anche il fatto che «la nuova élite vicina a Vaclav Havel non era favorevole a Kundera». Dissapori forse legati a un premio Nobel per la Letteratur­a mai attribuito a Kundera e a vecchie divisioni nella diaspora cecoslovac­ca.

In una rara intervista rilasciata alcuni giorni fa al mensile letterario «Host» di Brno, Vera Kundera ha detto che «lasciare il proprio Paese è la cosa peggiore che possa capitare a una persona, eppure dopo il 1989 tornare in patria è stato impossibil­e, per ragioni pratiche e anche per il nuovo potere». Secondo la moglie dello scrittore, Havel era sostenuto dagli americani, che temevano Kundera potesse fargli ombra o ambire a sua volta a cariche politiche, «cosa falsa perché a mio marito interessav­a solamente la letteratur­a».

Un altro momento difficile nel rapporto con la madrepatri­a sono state le accuse rivolte a Kundera di avere collaborat­o con il regime negli anni Cinquanta denunciand­o un dissidente che collaborav­a con l’occidente. Nel 2008 la rivista «Respekt» pubblicò un articolo dello storico Adam Hradilek che sosteneva questa tesi. «La nostra vita è stata distrutta da queste false accuse», dice Vera Kundera.

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(Afp) Milan Kundera con la moglie in teatro a Praga nel 1973

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