Ride bene chi ride Trump
Durante il vertice della Nato, i microfoni hanno sorpreso il fotogenico Trudeau e monsieur Macron a sparlare con Boris Johnson della verbosità di Trump. Quest’ultimo ha avuto in dote un senso dell’umorismo inversamente proporzionale alla suscettibilità e ha inanellato una sfilza di commenti tra l’adirato e il piagnucoloso che hanno trasformato il pettegolezzo in microscandalo planetario. L’impulso dei trumpofobi sarà di identificarsi in quel capannello di colleghi che si fanno beffe del capufficio davanti alla macchinetta del caffè. Mi scuserete se non partecipo al rito. Trump è un boss spregiudicato e arrogante, ma prenderlo in giro di nascosto significa consegnargli il ruolo che predilige. Gli unici rapporti che conosce e riconosce sono quelli di forza. Se lo si sfotte in privato sulle scemenze, ma gli si obbedisce in pubblico sulle cose serie, ci si comporta da deboli e si resta dentro le regole del gioco che lui pratica meglio. Per scompaginare lo schema, certi discorsi gli andrebbero fatti sul muso. Magari quando minaccia di mettere i dazi sulle merci europee per toglierci la voglia di pretendere da Amazon e Google le tasse sui profitti miliardari che accumulano presso di noi.
Da scrittorello di una provincia dell’impero quale sono, trovo molto più comodo sfottere Trump che affrontarlo. Ma da individui come Macron, che si qualificano come statisti e sono lì a rappresentare anche i miei interessi, mi aspetterei che fossero un po’ più coraggiosi del sottoscritto.