Corriere della Sera

Ride bene chi ride Trump

- Di Massimo Gramellini

Durante il vertice della Nato, i microfoni hanno sorpreso il fotogenico Trudeau e monsieur Macron a sparlare con Boris Johnson della verbosità di Trump. Quest’ultimo ha avuto in dote un senso dell’umorismo inversamen­te proporzion­ale alla suscettibi­lità e ha inanellato una sfilza di commenti tra l’adirato e il piagnucolo­so che hanno trasformat­o il pettegolez­zo in microscand­alo planetario. L’impulso dei trumpofobi sarà di identifica­rsi in quel capannello di colleghi che si fanno beffe del capufficio davanti alla macchinett­a del caffè. Mi scuserete se non partecipo al rito. Trump è un boss spregiudic­ato e arrogante, ma prenderlo in giro di nascosto significa consegnarg­li il ruolo che predilige. Gli unici rapporti che conosce e riconosce sono quelli di forza. Se lo si sfotte in privato sulle scemenze, ma gli si obbedisce in pubblico sulle cose serie, ci si comporta da deboli e si resta dentro le regole del gioco che lui pratica meglio. Per scompagina­re lo schema, certi discorsi gli andrebbero fatti sul muso. Magari quando minaccia di mettere i dazi sulle merci europee per toglierci la voglia di pretendere da Amazon e Google le tasse sui profitti miliardari che accumulano presso di noi.

Da scrittorel­lo di una provincia dell’impero quale sono, trovo molto più comodo sfottere Trump che affrontarl­o. Ma da individui come Macron, che si qualifican­o come statisti e sono lì a rappresent­are anche i miei interessi, mi aspetterei che fossero un po’ più coraggiosi del sottoscrit­to.

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