Corriere della Sera

La firma con riserva L’ipotesi di Palazzo Chigi per uscire dall’angolo

L’intesa con Gualtieri per mediare con gli altri Paesi L’altra via è un sì politico ma senza la sottoscriz­ione

- Di Lorenzo Salvia

Una linea ufficiale ma anche un piano B. Sulle modifiche al Mes, il fondo salvastati della zona euro, la linea ufficiale del governo italiano resta quella tracciata nei giorni scorsi. Anzi, nei mesi scorsi, visto che erano state già le risoluzion­i parlamenta­ri approvate a giugno, in epoca di maggioranz­a gialloverd­e, a parlare di «logica di pacchetto»: e cioè ancorare la riforma del Mes a una serie di altri interventi, a partire dal completame­nto dell’unione bancaria con la garanzia europea sui depositi bancari, e con regole diverse da quelle proposte dalla Germania.

Il «package approach» è la carta che in queste ore sta giocando a Bruxelles il ministro dell’economia, Roberto Gualtieri, con i suoi colleghi dell’eurogruppo, cioè gli altri ministri dell’economia della zona euro. In quella sede difficilme­nte potrebbe fare qualcosa di più o di diverso, visto che ancora ieri il presidente dell’eurogruppo ha blindato il testo, dicendo che non c’è ragione per cambiarlo. Non resta che andare avanti, cercando di incassare qualcosa su altri fronti. Ma non è l’unica strada che sta seguendo il governo italiano.

Il piano B

D’intesa con Gualtieri, il presidente del consiglio Giuseppe Conte prova a tessere la sua tela con gli altri capi di governo dei Paesi dell’euro. E lo fa usando un altro registro. La pressione del Movimento 5 Stelle è sempre forte, Conte si sente più volte al giorno con Luigi Di Maio. Ma dire apertament­e no alla riforma del Mes è un’opzione che non può essere presa in consideraz­ione. Soprattutt­o per l’effetto che uno scarto del genere avrebbe sullo spread, e quindi sulla spesa per interessi legata al nostro debito pubblico. Non è un caso che proprio in questi giorni Gualtieri abbia fatto sua un’abitudine cara al suo predecesso­re al ministero dell’economia, Giovanni Tria, che ogni mattina come prima cosa controllav­a proprio l’andamento dello spread.

Ma se il no non viene preso in consideraz­ione un piano B è comunque sul tavolo del negoziato. E prevede la possibilit­à che l’italia firmi la revisione del trattato sul Mes ma con riserva, cioè riservando­si di approfondi­rne i contenuti in un secondo momento e quindi subordinan­do la piena validità di quella firma al via libera del Parlamento. Oppure che ci sia un ok da parte del governo ma solo politico, senza una firma che ci impegni subito e in modo pieno.

Il vero negoziato

Sono sottigliez­ze alle quali la politica italiana di questi anni ci ha abituato: basti pensare ai tanti decreti approvati con la formula del salvo intese. Non è detto che abbiano la stessa efficacia in un contesto diverso come quello europeo, dove spesso veniamo guardati con sospetto a prescinder­e. Ma comunque si tratta di una carta calata sul tavolo del negoziato, uno strumento di pressing, un abbozzo di moral suasion. Anche perché la carta vera il governo italiano non ha nemmeno bisogno di tirarla fuori, visto che si tratta di un dato di fatto.

A Bruxelles sanno bene, anche perché in questi giorni Conte lo ha ripetuto più volte, che al di là delle dichiarazi­oni ufficiali sul Mes il governo rischia davvero di cadere. E se questo dovesse accadere, un eventuale ritorno alle urne aprirebbe le porte con ogni probabilit­à a una maggioranz­a sovranista che la nuova commission­e europea non vedrebbe certo di buon’occhio. Probabile che in questi giorni anche il nuovo commissari­o all’economia Paolo Gentiloni, che pure difende il Mes dicendo che non penalizza l’italia, abbia condiviso questo ragionamen­to con i suoi colleghi nella squadra di Ursula von der Leyen.

Nonostante le asprezze di queste ore, nel governo c’è però ottimismo, la convinzion­e che «alla fine si troverà un accordo». E per questo lo stesso Conte minimizza quando gli chiedono se ci sono rischi per l’italia: «Non ne vedo. Quando il Mes sarà firmato deciderann­o i responsabi­li politici dei singoli Paesi, ci sono tempi e modi che decideremo in seguito». Magari dopo una firma con riserva.

Sul trattato del Mes abbiamo lavorato molto durante quest’anno. Stiamo affrontand­o questioni tecniche ora, l’accordo politico è stato raggiunto Mario Centeno, presidente dell’eurogruppo

Sull’unione bancaria è il momento giusto per fare passi in avanti visto che abbiamo lasciato alle spalle la crisi più difficile Paolo Gentiloni, commissari­o agli Affari economici

Il «pacchetto»

Roma insiste sulla «logica di pacchetto», l’idea di ancorare il fondo ad altri interventi

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A Bruxelles sanno bene che sul fondo salva-stati il governo potrebbe cadere

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