«Una catastrofe annunciata A Taranto basta passerelle»
Melucci: anche il Pd, il mio partito, avrebbe potuto fare di più
Non era mai stato fiducioso, il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci. Per questo gli viene facile dire che la conferma degli esuberi — 4.700, parenti stretti dei 5 mila già annunciati un mese fa — da parte di Arcelormittal è una «catastrofe annunciata». Ma in verità quel numero così elevato non se l’aspettava. Quando ieri è stato travolto da quelle 4 cifre, una dietro l’altra, snocciolate dalle agenzie di stampa mentre a Palazzo di città lavorava «come al solito, per dare dignità a una città che vuole rialzarsi ma è come se fosse oppressa da una cappa», è sobbalzato. «Ho provato a chiamare il ministro Patuanelli, ma non mi ha risposto. E non mi sorprende». Perché Melucci ha lamentato fin dall’inizio della vertenza uno scarso coinvolgimento. «Anche nel tavolo con Arcelor, la città non è stata invitata. Adesso, però, i tarantini, dopo i proclami del governo aspettano che arrivino atti concreti. Perché adesso siamo ripiombati nel buio. Si è spento anche il lumicino, quella speranza che si era accesa dopo settimane di ragionamenti e la visita, che abbiamo apprezzato, di Conte».
Al buio, si sa, il Natale non si festeggia. E del resto, con 2.900 esuberi da subito, dal 2020, che poi diventeranno 4.700, c’è poco da festeggiare. «Sarà un altro Natale di riflessione, del resto Taranto è abituata ai sacrifici. Speriamo, però, che non monti la rabbia», aggiunge il sindaco, che dopo essere stato eletto da civico ha aderito al Pd: «Ma lo frequento molto poco, anche il mio partito avrebbe potuto fare di più per l’ex Ilva».
A metà novembre — quando nel piazzale della portineria C della fabbrica c’era anche il sindaco, con i lavoratori del
Il timore e la rabbia «La gente arriva da anni di frustrazioni, può capitare di tutto: spero mantenga la calma»
La no tax area
Meglio una no tax area che la soprintendenza, che ci è stata data, al patrimonio subacqueo
l’indotto, a presidiare gli ingressi — c’è mancato poco perché gli autotrasportatori decidessero di bloccare l’intera città. Melucci lo sa: «La gente arriva da anni di frustrazioni, può capitare di tutto: speriamo, però, che i cittadini mantengano la calma. Ma l’atteggiamento disponibile ha un prezzo. Che si chiama coinvolgimento. Il governo deve capire che siamo dinanzi a una catastrofe sociooccupazionale che coinvolge 20 mila cittadini di Taranto, uno su 10. Che però devono essere considerati 20 mila italiani, anche perché la crisi attuale che stiamo vivendo a Taranto altro non è se non il paradigma dei fallimenti del nostro Paese».
Il governo è pronto a tornare a Taranto, per il Tavolo istituzionale per la riconversione, il prossimo 18 dicembre. Alla riunione — convocata dal ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli — parteciperanno anche ministri o loro rappresentanti di altri 8 dicasteri (Ambiente, Infrastrutture, Difesa, Attività culturali, Salute, Istruzione, Agricoltura e Sud). «Ma se vengono senza aver chiarito la situazione — avverte Melucci — io non parteciperò a quella passerella. Non ci interessano le questioni estetiche, come la soprintendenza nazionale per il patrimonio subacqueo assegnata a Taranto. Ci servono cose che impattino sul tessuto produttivo, come una no tax area. Il governo deve metterci la faccia per salvare la fabbrica, altrimenti mi schiererò anche io con gli ambientalisti, che in città sono una minoranza, e proveremo a fare altro. Sperando di non ritrovarci con un’altra Bagnoli, 10 volte più grande, però».