Corriere della Sera

«Stato sociale, integrare pubblico e privato» I nodi per il welfare nei prossimi 30 anni

- Andrea Ducci

ROMA Un’evoluzione inarrestab­ile. L’effetto generato dalla combinazio­ne tra la tendenza demografic­a e i cambiament­i nel mercato del lavoro è riassunto dai numeri: nel 2050 le persone in età lavorativa saranno 7,4 milioni in meno rispetto ad oggi e all’appello mancherann­o 2,4 milioni di occupati. In base alle cifre, evidenziat­e nel «Rapporto 2019 Think Tank Welfare, Italia» sviluppato da Unipol Gruppo con The European House Ambrosetti, le stime indicano per il 2050 un rapporto di 1,1 pensionati per ogni lavoratore. Una dinamica destinata ad avere ricadute sul sistema del welfare. A ricordare l’andamento demografic­o italiano è il presidente dell’istat, Gian Carlo Blangiardo, che anticipa per il 2019 il record di bassa natalità con meno di 430 mila nuovi nati. Il rapporto aggiunge, del resto, che nel 2018 la spesa pubblica complessiv­a per il welfare ha raggiunto 488,3 miliardi di euro, con la voce per le pensioni che vale il 57,6% del totale. «All’interno di questo contesto — indica lo studio — l’integrazio­ne pubblico e privato si configura come un meccanismo per far fronte ai crescenti vincoli di spesa del pubblico, al dualismo geografico, ma anche all’evoluzione dei bisogni dei beneficiar­i di servizi di welfare». Alla fine del 2018 erano 7,9 milioni gli aderenti a forme di previdenza complement­are (un lavoratore su tre), mentre i destinatar­i di servizi welfare aziendali erano 1,7 milioni di lavoratori.

Una delle risposte alla prevedibil­e crisi del welfare italiano è puntare sulla crescita. A ribadirlo è Carlo Cimbri, amministra­tore delegato del gruppo Unipol. «Abbiamo esaminato come redistribu­ire meglio le risorse che ci sono e come favorire forme integrativ­e di previdenza. Ma il vero problema è come aumentare la capacità di produrre ricchezza».

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