«Stato sociale, integrare pubblico e privato» I nodi per il welfare nei prossimi 30 anni
ROMA Un’evoluzione inarrestabile. L’effetto generato dalla combinazione tra la tendenza demografica e i cambiamenti nel mercato del lavoro è riassunto dai numeri: nel 2050 le persone in età lavorativa saranno 7,4 milioni in meno rispetto ad oggi e all’appello mancheranno 2,4 milioni di occupati. In base alle cifre, evidenziate nel «Rapporto 2019 Think Tank Welfare, Italia» sviluppato da Unipol Gruppo con The European House Ambrosetti, le stime indicano per il 2050 un rapporto di 1,1 pensionati per ogni lavoratore. Una dinamica destinata ad avere ricadute sul sistema del welfare. A ricordare l’andamento demografico italiano è il presidente dell’istat, Gian Carlo Blangiardo, che anticipa per il 2019 il record di bassa natalità con meno di 430 mila nuovi nati. Il rapporto aggiunge, del resto, che nel 2018 la spesa pubblica complessiva per il welfare ha raggiunto 488,3 miliardi di euro, con la voce per le pensioni che vale il 57,6% del totale. «All’interno di questo contesto — indica lo studio — l’integrazione pubblico e privato si configura come un meccanismo per far fronte ai crescenti vincoli di spesa del pubblico, al dualismo geografico, ma anche all’evoluzione dei bisogni dei beneficiari di servizi di welfare». Alla fine del 2018 erano 7,9 milioni gli aderenti a forme di previdenza complementare (un lavoratore su tre), mentre i destinatari di servizi welfare aziendali erano 1,7 milioni di lavoratori.
Una delle risposte alla prevedibile crisi del welfare italiano è puntare sulla crescita. A ribadirlo è Carlo Cimbri, amministratore delegato del gruppo Unipol. «Abbiamo esaminato come redistribuire meglio le risorse che ci sono e come favorire forme integrative di previdenza. Ma il vero problema è come aumentare la capacità di produrre ricchezza».