Corriere della Sera

Crescita, il Pil sale solo dello +0,2% Nel 2020 ci sarà un lieve migliorame­nto

L’istat: l’anno prossimo attesa una mini ripresa, +0,6%. «La minaccia di turbolenze politiche e dazi»

- Enrico Marro

ROMA Mentre la manovra arranca in Parlamento, l’istat e l’ufficio parlamenta­re di bilancio (Upb), ricordano la difficile situazione dell’italia. L’istituto di statistica, nelle «Prospettiv­e per l’economia italiana», prevede che nel 2019 il Pil salirà solo dello 0,2%, «in deciso rallentame­nto» rispetto allo 0,8% del 2018 e contro una crescita media dell’area euro dell’1,2%. Leggerment­e meglio dovrebbe andare nel 2020, con un + 0,6%, comunque la metà della previsione per l’eurozona (1,2%). Il nostro punto debole resta la produttivi­tà del lavoro: nel 2018 «è diminuita dello 0,3%, sintesi di una crescita delle ore lavorate (+1,3%) superiore a quella del valore aggiunto (+1,0%)».

Stime analoghe per il Pil dell’italia quelle dell’upb che, nel «Rapporto sulla politica di bilancio 2020», segnala come lo 0,2% per quest’anno sia appena sopra l’obiettivo della Nota di aggiorname­nto al Def (+0,1%) mentre lo 0,6% per il 2020 sia allineato con le previsioni del governo. L’istat però osserva che lo scenario di previsione è caratteriz­zato da «rischi al ribasso» rappresent­ati dalla guerra dei dazi e da «turbolenze geopolitic­he».

La mini ripresa, insomma, non è affatto sicura. Così come, sul fronte dei conti pubblici, l’upb sottolinea che la Commission­e europea ha già rilevato il rischio di «deviazione significat­iva» nel 2019 dalle regole e lo prevede anche per la manovra 2020 che, del resto, è coperta in deficit per ben 16 miliardi. Inoltre, osserva l’upb, anche la manovra per il 2021 parte gravemente ipotecata dalle solite «clausole di salvaguard­ia», ovvero gli aumenti dell’iva e delle accise già fissati dalla legge.

La legge di Bilancio in discussion­e in Parlamento ha infatti cancellato solo le clausole per il 2020, mentre per il 2021 e il 2022 rimane «una forte presenza delle clausole» stesse, «disattivat­e solo per un terzo nel 2021 e un decimo nel 2022». Questo significa che nei prossimi mesi il governo dovrà cercare 19 miliardi per il 2021 e 25,8 per il 2022 se vuole evitare l’aumento di Iva e accise. C’è quindi poco spazio per politiche di rilancio della crescita. Anche se una boccata d’ossigeno verrà dai risparmi, molto consistent­i, che si avranno sui fondi stanziati per Quota 100 sulle pensioni e per il Reddito di cittadinan­za.

L’upb guidato da Giuseppe Pisauro stima che solo sulla misura che consente di andare in pensione anticipata con 62 anni d’età e 38 di contributi si risparmier­anno 1,2 miliardi nel 2019, 2 miliardi nel 2020, 1,3 nel 2021 e 0,5 nel 2022 (Quota 100 scade alla fine del 2021). A questi risparmi devono sommarsi quelli sul Reddito di cittadinan­za che, fonti diverse, stimano in circa 1,5 miliardi già quest’anno.

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