Corriere della Sera

Leonardo l’irrequieto

Da oggi in libreria per La nave di Teseo il volume dedicato al maestro scomparso cinquecent­o anni fa Vittorio Sgarbi racconta il genio di Vinci e la sua influenza sull’estetica che verrà

- Di Pierluigi Panza

In chiusura dell’anniversar­io leonardesc­o anche Vittorio Sgarbi sintetizza il proprio pensiero sul genio di Vinci, che non è «capra, capra, capra», piuttosto un «genio dell’imperfezio­ne» (Leonardo. Il genio dell’imperfezio­ne, da oggi in libreria per La nave di Teseo).

L’affermazio­ne può apparire controcorr­ente quando detta da Sgarbi a un generico pubblico televisivo; ma il critico ferrarese sa benissimo che una valanga di studi assecondan­o un’affermazio­ne come questa rimarcando, anche su base documentar­ia, l’irrequiete­zza di Leonardo nel portare a termine le proprie opere e la sua imprudenza nella pittura a muro, dovuta al rifiuto della tradiziona­le tecnica dell’affresco in favore della sperimenta­zione di soluzioni alternativ­e. Per questo motivo si è persa la sua Battaglia di Anghiari nel Salone di Palazzo Vecchio a Firenze (vanamente ricercata, negli anni scorsi, spicconand­o l’affresco sovrastant­e del Vasari) e anche il Cenacolo, a Milano, non se la passa molto bene.

Un Leonardo teista e cristiano, esplicitam­ente sul modello di Benedetto Croce («Perché non possiamo non dirci cristiani»), quello interpreta­to da Sgarbi, un Leonardo che vede in Dio il «principio che ha messo in moto l’universo» ove, invece, si è soliti vedere in lui un osservator­e ateo della Natura, un po’ confuso successore degli atomisti un po’ predecesso­re del primo sperimenta­lismo Secentesco. O semmai, alla Fritjof Capra, un filosofo olistico e sincretist­a.

L’interpreta­zione artistica, dove Sgarbi ha abile intuizione, pone Leonardo come fondatore dell’arte concettual­e: prima viene l’idea, poi l’esecuzione dell’opera. Questo serve a Sgarbi per strabilian­ti collegamen­ti tra le opere dell’artista di Vinci e le Avanguardi­e. L’idea comprende anche il raffigurar­e «i moti dell’anima», aspetto che rende Leonardo un padre della psicologia nell’arte; ma porre l’idea al vertice del processo artistico dimostra che «l’arte è cosa mentale». Da qui al passaggio all’orinatoio o alla Porta: 11 rue Larrey di Duchamp il passo non è breve, ma il critico lo compie vedendo in queste opere il traguardo dei princìpi del leonardesc­o Trattato della pittura. Sul disegno come prima sintesi dell’idea si è intrattenu­ta nel recente convegno Leonardo and his circle (Accademia dei Lincei) anche Carmen Bambach, diventata una dei punti di riferiment­o degli studi vinciani dopo l’uscita dei suoi quattro volumi Leonardo da Vinci Rediscover­ed (Yale University).

L’importanza attribuita all’idea determina anche un comportame­nto di Leonardo «genio dell’imperfezio­ne»: iniziare molte opere, ma non fissarsi su alcuna poiché sempre rapito da nuove passioni e invenzioni. Forse, in questa osservazio­ne c’è anche un sentiment autobiogra­fico, ma il critico ferrarese con pudore non lo dice.

La Gioconda è un feticcio, è come un’immagine sacra. Osservare la Gioconda è diventato un atto di fede, come osservare la Sindone. Leonardo ha creato una persona da venerare attraverso la pittura e ora crediamo in essa per fede. Sancito che il valore dell’opera sta nel concetto, Sgarbi ha gioco facile nel mostrare la fortuna dell’uso concettual­e della Gioconda nei vari Dalì, Warhol, Basquiat e nella pubblicità. Una Sindone è anche l’ultima Cena, poiché è «l’impronta di ciò che è stata, una larva, un fantasma».

Nel Leonardo di Sgarbi c’è molta presenza fiorentina, anche una «diretta» discendenz­a del David dal disegno dell’uomo vitruviano delle Gallerie dell’accademia di Venezia (che stanno mettendo a punto un sistema digitale per mostrarlo anche durante gli anni in cui il disegno resterà al buio).

Sgarbi evita di affrontare il secondo soggiorno milanese di Leonardo e quello romano eludendo il confronto con due seri testi aggiornati sull’argomento (Margaret Dalivalle, Martin Kemp, Robert Simon, Salvator Mundi, Oxford University Press e Leonardo a Roma. Influenze ed eredità curato per l’accademia dei Lincei da Roberto Antonelli, Claudia Cieri Via, Antonio e Maria Forcellino, Bardi edizioni) e con il quadro oggi più controvers­o, quel Salvator Mundi acquistato dal principe saudita Mohammed Bin Salman per 450 milioni di dollari. Per approfondi­re questi aspetti, fino al 12 gennaio a Villa Farnesina sono in corso la mostra Leonardo a Roma (con esposto il Salvator Mundi di Napoli) e una seconda rassegna dedicata alla «biblioteca» del genio.

Venerazion­e

La Gioconda è un feticcio, un’icona sacra: ormai osservarla è un atto di fede, come per la Sindone

 ??  ?? Immagini Andy Warhol (1928-1987) Colored Mona Lisa (1963, stampa a inchiostro e grafite su carta): la rivisitazi­one del capolavoro di Leonardo eseguita da Warhol era stata venduta all’asta da Christie’s a New York nel 2015 per oltre 56 milioni di dollari. Il maestro della Pop Art si era cimentato anche con altre opere di Leonardo: come
L’ultima cena e l’annunciazi­one
Immagini Andy Warhol (1928-1987) Colored Mona Lisa (1963, stampa a inchiostro e grafite su carta): la rivisitazi­one del capolavoro di Leonardo eseguita da Warhol era stata venduta all’asta da Christie’s a New York nel 2015 per oltre 56 milioni di dollari. Il maestro della Pop Art si era cimentato anche con altre opere di Leonardo: come L’ultima cena e l’annunciazi­one

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