Mittal, il no di Conte agli esuberi
Il premier: «Così non va, piano respinto». Federmeccanica: senza la siderurgia precipita tutto
L’attesa è tutta per lunedì. Ancora 48 ore per il piano industriale del governo per l’ex Ilva. Mai come stavolta un passaggio delicatissimo. Che potrebbe decidere i destini del più grande impianto siderurgico d’europa da dover riconvertire ambientalmente da cima a fondo. E da dover consentire la tenuta sociale di una comunità prostrata da un piano «lacrime e sangue» come è stata definita la proposta di Arcelormittal che ha chiesto 4.700 esuberi per poter proseguire l’attività a Taranto.
La proposta è irricevibile perché non è lontana da quei 5 mila tagli messi sul tavolo ai primi di novembre quando la multinazionale dell’acciaio comunicò il recesso dal contratto di affitto degli asset aziendali dell’ilva inaugurando questo braccio di ferro con l’esecutivo. «Lo respingiamo e lavoreremo agli obiettivi che ci siamo prefissati col signor Mittal», ha provato a spargere ottimismo il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Ma è chiara l’apprensione della città per dirla con le parole del sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, «perché 6.400 esuberi in totale (nella contabilità anche i 1.700 esuberi in cassa integrazione gestiti dall’amministrazione straordinaria, ndr.) significano 20-22 mila cittadini». I Mittal hanno proposto un piano diverso da quello messo a punto solo un anno fa sconfessando la loro strategia e dando credibilità a chi sostiene che l’acquisizione dell’acciaieria avesse solo un connotato difensivo per impedire l’ingresso in Europa del concorrente Jindal. Illazioni o meno, quel che è certo è che Arcelormittal spegnerebbe l’altoforno 2, quello sotto sequestro da luglio, facendo entrare in funzione un forno elettrico che assorbirebbe meno maestranze portando a una produzione di 6 milioni di tonnellate nel 2021 dalle 4,5 milioni attuali.
Monta la rabbia dei lavoratori, affidata ieri a due diversi volantini. Il primo nel quale i sindacati spiegano le ragioni dello sciopero del 10 dicembre con una manifestazione nazionale a Roma. Il secondo, senza firma ma diventato molto virale: «Abbiamo già dato in fatica e salute sull’altoforno e in acciaieria, ora è tempo di curarci, respirare aria buona, studiare per istruirci, scrivere poesie». La tensione viene cavalcata dal presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, che spara contro i vertici della multinazionale: «Se non ci sta più deve risarcire lo Stato, Taranto e la Puglia». Molto tranchant il segretario Uilm Rocco Palombella: «Ormai Arcelor è fuori e serve subito un piano pubblico». «Il contratto prevede delle penali se non viene rispettato — dice Francesca Re David, segretaria Fiom Cgil —. Ad esempio 150 mila euro per ogni posto di lavoro cancellato». «La siderurgia è il primo anello della catena di valore e senza di essa tutto rischia di precipitare», denuncia Stefano Franchi di Federmeccanica.