Corriere della Sera

Ora il M5S tratta col Pd sulla prescrizio­ne Bonafede: non voglio provocare una crisi

- di Giovanni Bianconi

All’improvviso, ventiquatt­r’ore ROMA dopo aver accusato gli alleati del Pd di voler restaurare «la prescrizio­ne ideata da Berlusconi», Luigi Di Maio si mostra dialogante: «Non vedo motivo di alimentare tensioni inutili all’interno del governo e non comprendo i toni duri usati negli ultimi giorni da parte di qualcuno». Dice proprio così, per incredibil­e che possa sembrare. E aggiunge, come se il giorno prima non si fosse guadagnato l’epiteto di «provocator­e» dagli alleati: «Sulla prescrizio­ne ogni buona proposta che punti a far pagare chi deve pagare, andando nella direzione auspicata dai Cinque stelle è ben accetta. Siamo al governo per fare le cose, e le cose si fanno insieme, non minacciand­o proposte individual­i con l’unico fine di alimentare spaccature interne che fanno solo male al Paese».

Una retromarci­a che i democratic­i attribuisc­ono a un intervento di Grillo in persona, o ai malumori crescenti tra i parlamenta­ri grillini per una possibile rottura provocata dal loro capo politico. Ma qualunque ne sia la ragione, il cambio di rotta è bene accetto perché riapre la via del confronto che ieri mattina hanno provato a riannodare, in una lunga telefonata, il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e il suo predecesso­re Andrea Orlando, vicesegret­ario del Pd. Il quale ha annunciato — informando­ne anche il premier Giuseppe Conte — che a breve il suo partito avanzerà una proposta per arrivare alla soluzione. «Basta con le stupidaggi­ni — esorta Orlando riferendos­i alle dichiarazi­oni di Matteo Salvini, ma anche ad alcune uscite degli alleati grillini —. Si può evitare il cortocircu­ito senza toccare la riforma Bonafede-bongiorno e intervenen­do sul regime transitori­o dei processi». L’esponente pd ha incontrato l’unione delle Camere penali che chiede di cancellare l’abolizione della prescrizio­ne dopo la sentenza di primo grado, sapendo che quello è un obiettivo quasi impossibil­e (e non necessaria­mente condivisib­ile), che si può comunque bilanciare con alcune contromisu­re.

Prima ancora di Di Maio e Orlando, è Bonafede a ribadire: «Non voglio rompere con nessuno né provocare una crisi di governo, con il Pd si può lavorare bene su questi temi». Però non rinuncia alla sua battaglia di principio («È una conquista di civiltà che un cittadino possa avere la certezza di un verdetto definitivo dopo quello di primo grado») e boccia la controprop­osta pd sui tempi-limite dei processi, anziché dei reati: «Sarebbe un modo per far rientrare dalla finestra quello che noi abbiamo messo fuori dalla porta».

I dem non consideran­o chiusa la questione, e tra le ipotesi allo studio c’è l’inseriment­o nella legge delega sul processo penale di un comma che impegni il governo a individuar­e il modo per fissare tempi certi ai dibattimen­ti. Ma si immaginano anche altre strade. Come un ritocco alla riforma Orlando, entrata in vigore nel 2017, portando da un anno e mezzo a due anni la sospension­e dei tempi di prescrizio­ne dopo la prima sentenza, in modo da ridurre ancor più il rischio che i giudizi vadano in fumo, senza però il rischio del «fine processo mai». Quest’ultima soluzione sarebbe alternativ­a all’eliminazio­ne della prescrizio­ne che entrerà in vigore il 1° gennaio, mentre l’altra si accompagne­rebbe alla riforma introdotta con la legge Spazzacorr­otti. Bonafede e il suo partito dovrebbero poi decidere quale consideran­o più digeribile, sempre che mantengano la volontà di dialogare espressa ieri e non decidano di irrigidirs­i nuovamente.

Il Pd confida in un intervento del premier e nella volontà dei Cinque Stelle di far prevalere l’interesse politico a mantenere salda l’alleanza di governo sulla tentazione di rompere pur di mostrarsi irremovibi­li su una questione divenuta identitari­a. In assenza di segnali in questa direzione, resta la via di un disegno di legge autonomo da presentare entro dicembre, prima che la cancellazi­one della prescrizio­ne diventi realtà.

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Maria Elena Boschi, 38 anni, capogruppo di Italia Viva alla Camera, ieri con una delegazion­e del partito renziano ha partecipat­o alla maratona oratoria organizzat­a dall’unione Camere penali contro la riforma Bonafede a Roma, in piazza Cavour, davanti alla Cassazione
La protesta Maria Elena Boschi, 38 anni, capogruppo di Italia Viva alla Camera, ieri con una delegazion­e del partito renziano ha partecipat­o alla maratona oratoria organizzat­a dall’unione Camere penali contro la riforma Bonafede a Roma, in piazza Cavour, davanti alla Cassazione
 ??  ?? A Roma Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, 43 anni, passa in rassegna le agenti della polizia penitenzia­ria(lapresse)
A Roma Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, 43 anni, passa in rassegna le agenti della polizia penitenzia­ria(lapresse)

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