Il Mediterraneo ha bisogno di un’agenda positiva
Fin dalla prima edizione dei «Rome MED Dialogues», nel 2015, gli obiettivi sono stati ambiziosi: porre l’italia al centro del dibattito — e non solo della geografia — della regione e delineare un’agenda positiva per il Mediterraneo, pur non negando le sfide che lo rendono da sempre il centro del disordine internazionale.
Il primo obiettivo è stato raggiunto: la tre giorni romana di Ispi e ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale è ormai stabilmente nelle agende di centinaia di capi di Stato, ministri, analisti, leader economici e della società civile di tutti i Paesi della regione. Insistere sull’agenda positiva è stata invece una sfida crescente edizione dopo edizione, nonostante i graduali segnali positivi come la sconfitta territoriale dello Stato Islamico. Ai conflitti irrisolti in Siria, Libia e Yemen — che hanno causato a oggi più di 600 mila vittime e oltre 15 milioni di rifugiati — si sono infatti gradualmente aggiunti nuovi elementi di destabilizzazione. La pericolosa escalation tra Iran e Arabia Saudita, che questa estate ha fatto temere lo scoppio di un conflitto su ampia scala nel Golfo; l’esito ancora incerto delle proteste di piazza in Libano, Iraq, Iran, che in due mesi hanno causato più di cinquecento vittime; un tasso di disoccupazione giovanile che rimane il più alto al mondo (oltre il 30%), in una regione in cui l’età media è di soli 27 anni. Un quadro ancora più incerto di cinque anni fa, che però non incrina — ma al contrario enfatizza — l’imperativo di cercare soluzioni condivise a problemi comuni, di continuare a disegnare un’agenda positiva attraverso il dialogo e l’incontro. Un imperativo che «Rome MED Dialogues» raccoglie per la quinta volta, rendendo Roma e l’italia per i prossimi giorni l’hub del Mediterraneo.
*direttore Ispi