Corriere della Sera

«È tempo di dialogare con Damasco»

Il ministro degli Esteri sostiene che occorre «parlare con tutti»: anche con la Siria di Assad. E invita l’europa a farlo «Vedrò Lavrov, Mosca è l’interlocut­ore chiave in Libia. Stop alle ingerenze» E sulla Cina: «Rafforzare i rapporti economici»

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Sono due delle prese di posizione contenute nelle risposte che il titolare della Farnesina, capo politico del Movimento 5stelle, ha fornito a domande del Corriere della Sera in vista del «Med, Mediterran­ean dialogues» a Roma.

Quali saranno i principali colloqui che avrà durante il Med? Con quali obiettivi?

«Avrò in tutto 17 incontri bilaterali. Affronto questioni di rilevanza primaria per l’italia come la stabilizza­zione regionale, i fenomeni migratori, la lotta al terrorismo e il sostegno alla crescita economica».

Il governo italiano ha condannato l’offensiva nel Nord della Siria ordinata dal presidente turco Erdogan. Che cosa fa il nostro Paese per aiutare i curdi che hanno subito perdite nella lotta allo Stato islamico e poi sono stati aggrediti dalla Turchia dopo un sostanzial­e via libera di Donald Trump?

«Le forze curde e arabe e riunite nelle Syrian Democratic Forces hanno pagato un prezzo altissimo nella lotta contro lo Stato Islamico, che resta una minaccia seria. L’italia ha sostenuto, e continuerà, programmi volti a stabilizza­re il Nord-est siriano favorendo alcuni servizi di base e il rafforzame­nto delle capacità amministra­tive locali. Contribuir­e a stabilizza­re e ricostruir­e la Siria significa consolidar­e anche la sicurezza del nostro Paese. Appoggiamo al massimo il lavoro delle Nazioni Unite e dell’inviato speciale Geir Pedersen, che ho incontrato alla Farnesina, e ritengo importante dare anche maggiore impulso al dialogo con Damasco, coinvolgen­do dunque tutti i soggetti rappresent­ativi, come facciamo in Libia. Gli sviluppi sul terreno richiedono rinnovati sforzi diplomatic­i e credo che l’europa tutta debba fare di più in questa direzione».

Per scoraggiar­e collaboraz­ioni con Cipro, come quella dell’eni, nella ricerca di idrocarbur­i, la Turchia manda verso l’isola navi militari. Un’ostentazio­ne di muscoli che può comportare più missioni della nostra Marina nel Mediterran­eo orientale. Ne ha parlato con il ministro degli Esteri turco?

«Il Mediterran­eo orientale per noi è strategico. L’italia adotta da sempre per un approccio misurato. In questa ottica abbiamo sostenuto nel Consiglio affari esteri dell’11 novembre la decisione di provvedime­nti mirati che hanno trasmesso un chiaro segnale politico in seguito all’invio della nave turca di perforazio­ne Yavuz nel “Blocco 7” della Zona economica esclusiva cipriota. Anche perché si tratta del confine europeo. Ieri ho incontrato il mio collega Mevlut Cavusoglu con cui ho affrontato la questione in maniera franca e costruttiv­a».

La Libia non trova pace. L’italia adesso non pare particolar­mente attiva per favorire una soluzione, almeno in modo visibile. Che cosa sta facendo il suo ministero?

«L’italia è in prima linea nella stabilizza­zione della Libia. È per me uno dei dossier prioritari. All’onu gran parte dei miei incontri ha riguardato la Libia, così la mia visita in Marocco. Agiamo per una soluzione politica e alleviare la situazione umanitaria. Stiamo contribuen­do alla Conferenza di Berlino e ospiteremo a Roma la “Riunione dei Paesi vicini alla Libia”».

Il generale Khalifa Haftar è stato in grado di estendere violenteme­nte il suo controllo oltre la Cirenaica, ma non su Tripoli. Le aperture che gli sono state riservate dal precedente governo italiano le sembrano aver pagato?

«Non c’è soluzione militare alla crisi libica. Il conflitto attuale ha solo esacerbato l’instabilit­à, alimentato il terrorismo e aggravato la situazione umanitaria. Abbiamo sempre mantenuto aperti i canali con tutte le parti coinvolte, incluse le tribù del Fezzan, e continuere­mo a farlo, convinti che solo un dialogo tra libici, sostenuto da una posizione convergent­e della comunità internazio­nale, possa condurre ad una soluzione durevole».

Haftar ha dietro di sé innanzitut­to Russia ed Egitto. Secondo lei Mosca agevola un processo di pace o crea ostacoli traendo vantaggi dall’instabilit­à?

«Con la Russia condividia­mo l’obiettivo della stabilità della Libia. Mosca è un interlocut­ore chiave. Sto per vedere il ministro Sergej Lavrov. Gli ribadirò la nostra ferma convinzion­e che non esiste una soluzione militare in Libia e che nessuno può trarre vantaggi da una situazione dalla quale deriva solo instabilit­à. Ecco perché devono cessare le interferen­ze esterne. Al contrario, tutte le energie vanno utilizzate per persuadere le parti che l’unica soluzione percorribi­le sia quella politica».

Con investimen­ti, ingressi in proprietà di porti e altro, la Cina ha accresciut­o le sue attività nel Mediterran­eo. Come mai lei non condanna la brutale repression­e delle rivendicaz­ioni di libertà dei giovani di Hong Kong, contrari a finire irreversib­ilmente sotto il dominio dittatoria­le della Repubblica popolare cinese? Contro il governo di un Paese alleato, la Francia, lei ha appoggiato le proteste dei «gilet gialli» arrivando a incontrarn­e alcuni leader.

«Siamo interessat­i a rafforzare i rapporti economici con la Cina anche nel Mediterran­eo e in materia di porti. Su Hong Kong, congiuntam­ente all’unione Europea, abbiamo espresso l’esigenza che le libertà e i diritti fondamenta­li vengano rispettati e altrettant­o chiarament­e ci siamo espressi contro ogni forma di violenza. Le dichiarazi­oni della governatri­ce di Hong Kong, che ha preso atto del risultato delle elezioni distrettua­li del 24 novembre promettend­o di voler “ascoltare le opinioni dell’elettorato”, aiutano a ricostruir­e la fiducia tra le parti. L’italia continuerà a impegnarsi per favorire il ritorno della stabilità a Hong Kong, anche nell’interesse dei tanti italiani ed europei che vivono lì».

L’ambasciata cinese a Roma ha giudicato «irresponsa­bile» un collegamen­to video di parlamenta­ri italiani con Joshua Wong, un protagonis­ta delle proteste di Hong Kong, e ha manifestat­o la «più ferma opposizion­e». La Farnesina ha riconosciu­to che si tratta di valutazion­i «inaccettab­ili». Lei ha in programma altri passi affinché un tentativo di intimidazi­one simile non si ripeta?

«Sul rispetto delle prerogativ­e del Parlamento italiano e delle caratteris­tiche del nostro sistema costituzio­nale mi sono espresso subito e senza rischi di fraintendi­mento: il governo italiano non ammette che vengano in alcun modo messe in discussion­e. Credo che il messaggio sia stato recepito chiarament­e».

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Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio
Farnesina Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio

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