«Sottostimato il valore di Chrysler». Il gruppo: non ci saranno esborsi significativi
Una contestazione da 5,1 miliardi ossia l’importo sottostimato per l’acquisizione di Chrysler avvenuta nel 2014.
Finisce sotto la lente di ingrandimento del Fisco italiano Fca, che avrebbe sottovalutato il valore del suo business americano. Il contenzioso si riferisce alla struttura societaria creata nell’ottobre 2014 a seguito dell’acquisto da parte di Fiat SPA della restante parte della sua unità Chrysler. L’iter è andato avanti per cinque anni ed è culminato nell’acquisizione integrale della società proprietaria dei marchi Dodge, Ram e Jeep, che era andata in bancarotta.
La mossa dell’agenzia delle Entrate, resa pubblica ieri da Bloomberg, riguarda la tassa che l’italia riscuote sulle plusvalenza realizzate quando le società trasferiscono i beni al di fuori del Paese e si basa su documenti depositati da Fca e sulla relazione di audit (revisione) del 22 ottobre 2014.
Fca infatti ha dichiarato che gli asset di Chrysler valevano meno di 7,5 miliardi di euro mentre la stima del Fisco italiano è di 12,5 miliardi. Il gruppo è ora registrato nei Paesi Bassi con residenza fiscale nel Regno Unito e non più a Torino, dunque in Italia, che all’epoca imponeva un’aliquota fiscale sulle società di circa il 27,5%. Questo consente di ipotizzare che l’importo che Fca rischia di dover sborsare potrebbe avvicinarsi a 1,3 miliardi di euro, anche se i negoziati potrebbero aver significativamente ridotto l’importo del prelievo. La trattativa è ancora in corso e dovrebbe chiudersi entro la fine dell’anno quindi le cifre citate possono essere soggette ad ulteriori limature. Ma ciò non ha fermato la forte reazione di Fca che ha lamentato ieri l’ingiustificato allarmismo che ha portato poi il titolo a oscillare in Borsa nell’arco di tutto il giorno per poi chiudere a -0,8%. «Non condividiamo affatto le considerazioni contenute in questa relazione preliminare e abbiamo fiducia nel fatto che otterremo una sostanziale riduzione dei relativi importi — ha spiegato un portavoce di Fiat Chrysler in un’email — . Va inoltre rilevato che qualsivoglia plusvalenza tassabile che fosse accertata sarebbe compensata da perdite pregresse, senza alcun significativo esborso di liquidità o conseguenza sui risultati».
A preoccupare il gruppo, più che altro, è il momento delicato in cui si trova, nel bel mezzo della complessa trattativa di fusione con Psa, proprietaria dei marchi Peugeot, Citroen e Opel. Anche se Fca aveva già segnalato il contenzioso con l’agenzia delle Entrate nella trimestrale al 31 ottobre e in teoria Psa, con cui prosegue il confronto per definire i termini della fusione, era già a conoscenza della contestazione.
Il mese scorso il presidente di Fca, John Elkann ha dichiarato di voler formalizzare un accordo entro la fine dell’anno. Di recente, tra l’altro, il gruppo presieduto da John Elkann è stato anche oggetto di una denuncia da parte della rivale statunitense General Motors che l’ha accusata di essere al centro di un sistema di corruzione che coinvolge alcuni importanti membri dei sindacati Usa dell’auto che avrebbe penalizzato Gm.
L’accusa
● L’agenzia delle Entrate contesta a Fca di aver sottostimato di 5,1 miliardi di euro le attività americane di Chrysler. La controversia riguarda la ristrutturazione avvenuta nell’ottobre 2014 che ha poi portato alla nascita di Fca, con sede legale in Olanda e sede fiscale in Gran Bretagna. Il gruppo potrebbe dovere restituire al Fisco italiano 1,3 miliardi di euro. La trattativa è in corso