Kering guarda a Moncler La moda italiana nel mirino
Il ceo e primo socio Ruffini: diversi contatti ma al momento nulla di concreto sul tavolo
Il colosso francese Kering, di François-henri Pinault, avrebbe messo gli occhi su Moncler, noto marchio di piumini divenuto un caso di successo grazie a Remo Ruffini, l’imprenditore che rilevò il brand da un fallimento portandolo a oltre 1,4 miliardi di ricavi (e 332 milioni di utili netti). L’indiscrezione è stata lanciata mercoledì a tarda sera da Bloomberg e ha avuto l’effetto di accendere una miccia: Moncler è salita fino a guadagnare l’11%, trascinando anche gli altri titoli del settore (da Ferragamo a Tod’s).
Dopo l’acquisizione di Tiffany da parte di Lvmh, maggior gruppo del lusso mondiale guidato da Bernard Arnault, ci si attende, infatti, una nuova ondata di operazioni e tutti stanno cercando di capire come si muoveranno Kering, che è il primo concorrente di Lvmh, e Richemont, che dal passaggio di Tiffany a Lvmh subisce una sfida diretta nel suo campo principale, la gioielleria. In questo quadro Moncler sarebbe perfetta per completare l’offerta di Kering, che ha come suo asset principale Gucci, da cui dipende l’83% del margine operativo del gruppo. Anzi, sotto il profilo dei numeri Moncler potrebbe diventare la nuova Gucci (la società della doppia “G” fattura oltre 8 miliardi).
La risposta di Ruffini ai rumors della notte è arrivata solo a metà giornata e non è di semplice interpretazione. L’imprenditore ha, infatti, confermato di avere rapporti con Kering, ma ha precisato che questo avviene nell’ambito di contatti e interlocuzioni periodici che «intrattiene con investitori e altri operatori del settore su potenziali opportunità strategiche per promuovere lo sviluppo di Moncler». Concludendo che «allo stato» non vi è «alcuna ipotesi concreta allo studio».
Significa che è solo una questione di tempo? Ovvero 11 Miliardi di euro
La capitalizzazione di Borsa di Moncler. Remo Ruffini, amministratore delegato, è primo socio con il 22,5% 332 Milioni di euro
L’utile netto di Moncler nel 2018, su un fatturato di 1,42 miliardi di euro (+22%) di quanto occorrerà perché Pinault e Ruffini si mettano d’accordo sul prezzo? È l’opzione verso la quale propende la maggioranza degli analisti. Gli esperti di Citi, per esempio, ritengono che quelli in corso siano qualcosa di più che «semplici colloqui». Mentre Equita ipotizza che Ruffini possa accettare la proposta rimanendo in minoranza e che Kering possa offrire un premio del 30% sui prezzi attuali, poco oltre 50 euro per azione (ieri l’ultimo prezzo è stato a 41,36 euro, +6,52%). L’imprenditore, dal canto suo, è abituato a lavorare con soci: nel tempo ha avuto al suo fianco Carlyle (nel 2008) ed Eurazeo (nel 2011), prima di arrivare in Borsa nel 2013. E Pinault è abituato a lasciare autonomia ai marchi. Oppure l’indiscrezione di cui si parla è un tentativo non cercato da Ruffini? Moncler è una società quotata e l’imprenditore ne è il maggior azionista, ma non di controllo: ha il 22,5% attraverso la Ruffini partecipazioni. Più del 68% è nelle mani del mercato. Nonostante questi numeri è impossibile pensare a un’operazione ostile, visto
In Borsa
Moncler è salita fino a guadagnare l’11%, trascinando gli altri titoli del settore
che non è immaginabile una Moncler senza Ruffini, uomo peraltro ancora giovane (ha 58 anni).
Bisognerà attendere. Poche settimane fa, parlando agli studenti del master moda e lusso di Rcs Academy, Ruffini aveva sostenuto che «il mondo del lusso si sta polarizzando, se succede quello che è successo nell’automotive si vedono le tante sinergie». E, ancora, raccontando di come si stanno muovendo italiani, americani e francesi, ha detto che «la gara la stanno vincendo Lvmh e Kering», spiegando come, per esempio, in Cina la percezione della marca sia «dettata dalla location» e le migliori location siano appannaggio dei grandi gruppi. Cosa bisogna fare in questa situazione? «Essere molto creativi. Essere unici», è stata la risposta. Chissà se da soli o in compagnia.