Corriere della Sera

Gaia e Camilla morire a 16 anni travolte sulla strada

Ponte Milvio, le due sedicenni non erano sulle strisce pedonali Positivo al test alcol-droga il figlio ventenne del regista Genovese

- Di Fabrizio Roncone

Èrisultato positivo al test per alcol e droga, il giovane che sabato notte ha travolto e ucciso Gaia e Camilla, entrambe 16 anni, sul Ponte Milvio, a Roma. L’investitor­e, 20 anni, figlio del regista Genovese, è indagato per omicidio stradale.

Camilla e Gaia erano felici. Avevano progetti. Avevano 16 anni. A Natale bisognereb­be raccontare solo storie belle.

Ma questa scena è delimitata da un nastro di plastica bianco e rosso. Argani, carri attrezzi, traffico deviato. Venti minuti dopo la mezzanotte di sabato. Ai vigili urbani è arrivata una chiamata generica: «Incidente a Corso di Francia».

La strada che attraversa Roma Nord. Comincia dove c’è il distributo­re dell’agip che il camerata Massimo Carminati, detto «er cecato», aveva trasformat­o nel suo ufficio e finisce ai Parioli. Due colline ai lati: Vigna Clara e Fleming. Tre semafori e una stradina sulla destra, sotto al cavalcavia dell’olimpica: trecento metri e sei a Ponte Milvio. Rumore di movida, alcol, droga, luci forti.

Qui invece è quasi buio, gran parte della città ormai è sempre più buia, dai lampioni solo un riverbero giallognol­o e piove piano, però fino a poco fa pioveva forte: nessun segno di frenata sull’asfalto bagnato, nessun vetro rotto. Solo una Renault Koleos grigio metallizza­to con due ammaccatur­e profonde sul cofano, la targa schizzata sul marciapied­e, le quattro frecce accese: e — laggiù — due teli bianchi stesi su due corpi.

Camilla Romagnoli e Gaia Von Freymann avevano 16 anni e tornavano a casa. Probabile fossero un po’ in ritardo: ma tutti, alla loro età, siamo stati in ritardo. Probabile avessero fretta e fossero distratte: ma tutti, alla loro età, siamo stati distratti. Bisogna stabilire se abbiano attraversa­to sulle strisce o, piuttosto, come sembra da una prima ricostruzi­one, abbiano scavalcato il guardrail. C’è un semaforo: e non si capisce se, quando hanno attraversa­to, fosse verde. Testimonia­nze confuse, verbali, lampeggian­ti, arriva il magistrato di turno, arrivano gli amici.

Il ragazzo che stanno facendo salire sull’ambulanza è il conducente della Renault: Pietro Genovese, 20 anni; ex studente del liceo Mameli, giocatore di rugby, figlio di Paolo, il regista (due David di Donatello per il film Perfetti sconosciut­i). Il ragazzo è sotto shock, gli hanno sequestrat­o il telefonino per capire se stesse telefonand­o o spedendo sms, e adesso lo portano al Policlinic­o Umberto I, dove verrà sottoposto al test che stabilisce se ha bevuto troppo e fatto uso di droga.

All’angolo, un famoso ristorante della zona: T-bone Station. Testimonia­nza di Alessio Ottaviano, il direttore: «Poco dopo la mezzanotte, abbiamo sentito un grande frastuono. Pensavamo a un tamponamen­to, in questo tratto di strada corrono sempre tutti. E invece a terra c’erano quelle due ragazze. Un medico di passaggio è sceso dal suo scooter. Poi è arrivata anche l’ambulanza. Tutto inutile».

Dicono che Gaia si fosse fermata a mangiare un panino proprio in questo locale con Edoardo, il suo nuovo fidanzatin­o, dopo una serata trascorsa a pattinare all’auditorium, e che qui si sia unita a Camilla.

Dicono che con loro ci sarebbe dovuta essere anche la loro terza amica, Isabella.

In verità dicono tutti un sacco di cose. Albeggia così: tra un certo dolore atroce e quel senso di paura tremendo, perché a quelli che hanno una figlia capita sempre di guardare l’orologio e pensare: ma quando torna?

Adesso, in una mattina livida, di vento freddo, i compagni del liceo linguistic­o De Sanctis portano mazzi di fiori e ricordi. Gaia viveva con la madre Gabriella; il padre Edward, di origini finlandesi, fa il broker assicurati­vo ed è disabile, per colpa di un incidente con la moto. Camilla viveva a un isolato di distanza. Un’altra famiglia normale, media borghesia: la sorella, raccontano, è disperata e ha come perso la parola.

A metà pomeriggio arriva la notizia che Pietro Genovese sarebbe risultato positivo ai primi test alcolici e tossicolog­ici, e saranno perciò necessari ulteriori esami. Il padre Paolo — «Siamo una famiglia distrutta» — si è visto girare la vita con uno squillo di cellulare. È tutto particolar­mente agghiaccia­nte: perché quei cellulari che squillavan­o pieni di segreti e verità terribili erano lo strepitoso plot del film che lo ha reso celebre in tutto il mondo.

Comincia la sarabanda degli avvocati. Forse qualche certezza sull’esatta dinamica dell’investimen­to potrebbe arrivare dalle telecamere del magazzino Standa, che domina quel tratto di strada. Un testimone scrive al sito Dagospia: «Ero lì e ho visto tutto. Le ragazze, mano nella mano, volevano attraversa­re la strada a tutti i costi, nonostante il semaforo fosse verde, in un punto senza strisce. La macchina della corsia centrale ha rallentato per farle passare, ma ha coperto la visuale a quella che sopraggiun­geva nella corsia accanto. Sono state catapultat­e per aria e investite una seconda ed una terza volta da macchine che arrivavano da dietro...». Dettagli utili per l’inchiesta. Gli amici di Camilla e Gaia hanno però altri dubbi.

«Ma secondo te, ora, dove saranno?», chiede Luca.

«Forse in cielo, forse no. Però, fidati: sono di certo in un posto fico».

Poi Luca comincia a singhiozza­re.

Sono venuti a legare un Babbo Natale di peluche al guardrail.

Ma non è Natale così.

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Gaia von Freymann e Camilla Romagnoli, travolte e uccise a Ponte Milvio, a Roma. Gli amici sul luogo della tragedia
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Un gruppo di amiche e amici di Gaia von Freymann e Camilla Romagnoli, entrambe 16 anni, depongono fiori sul luogo in cui le due ragazze sono morte dopo essere state investite da un Suv guidato da Pietro Genovese, 20 anni, figlio del regista Paolo. L’incidente è avvenuto poco dopo la mezzanotte di sabato lungo corso di Francia, a Roma
(Barsoum/proto) Gli amici Un gruppo di amiche e amici di Gaia von Freymann e Camilla Romagnoli, entrambe 16 anni, depongono fiori sul luogo in cui le due ragazze sono morte dopo essere state investite da un Suv guidato da Pietro Genovese, 20 anni, figlio del regista Paolo. L’incidente è avvenuto poco dopo la mezzanotte di sabato lungo corso di Francia, a Roma
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