«Serve una legge per regolare lobby e politica»
Il capo del pool romano per i reati contro lo Stato: senza regole rischi concreti di finanziamento illecito
Attività di lobbying disciplinata e maggiore trasparenza di quella delle fondazioni. La ricetta del procuratore aggiunto di Roma Ielo per evitare incroci pericolosi politica-imprese.
Disciplinare l’attività di lobbying e aumentare, e di molto, la trasparenza di quella delle fondazioni per evitare, se non proprio tutti, almeno parte di quegli incroci problematici tra politica e imprese che finiscono nelle indagini della magistratura. È la «ricetta» che il procuratore aggiunto di Roma Paolo Ielo, coordinatore del pool di pm che si occupa dei reati contro la pubblica amministrazione, declina al convegno su «Relazioni pericolose: rappresentanza di interessi e rischio penale nei rapporti tra imprese e poteri pubblici» organizzato dalla Scuola Federico Stella della Università Cattolica di Milano.
Dottor Ielo, sembra così semplice!
«Ed infatti non lo è. Però sono convinto che una parte significativa dell’ingorgo istituzionale, che viene definito scontro tra politica e magistratura, derivi dall’assenza di una legge chiara che regoli l’attività di lobbying. L’esistenza di gruppi di pressione sui decision maker è una realtà in tutte le democrazie occidentali che viene regolata in forme diverse, tutte però improntate al principio della trasparenza. In Italia esiste una regolazione che è stata autorevolmente definita strisciante e ad andamento schizofrenico. Il problema, già rilevantissimo, s’intreccia con quello del finanziamento della politica».
In che modo?
«I rischi concreti sono che attraverso l’attività di lobbying passi il finanziamento illecito della politica, che il lobbista serio passi per faccendiere corruttore, incappando nel rischio penale, oppure che il faccendiere corruttore passi per lobbista, evitando così le sanzioni che merita. Nel parlamento sono state presentate ad oggi 88 proposte di regolazione del lobbying, ma nessuna è approdata a un risultato».
In Italia la parola lobby prende spesso un’accezione negativa, che fa pensare, appunto, ai corruttori di professione.
«Come ho detto, un conto è l’attività di lobbismo lecita, un conto sono i reati. In Italia, accanto al reato di traffico d’influenze, uno dei presidi penalistici contro l’attività di lobbying illegale, o comunque contro la pressione indebita sulla politica, è il reato di finanziamento illecito dei partiti che punisce i finanziamenti irregolari fatti da una società a un partito, a un raggruppamento interno di esso o a una sua articolazione organizzativa, ma anche a un singolo politico espressione di assemblee elettive».
Sarà per la storia della corruzione, ma anche quando si sente parlare di finanziamenti ai partiti si pensa sempre male.
«Va ricordato che i finanziamenti non sono vietati purché, quando provengono da una società, vengano deliberati dall’organo competente della stessa società e iscritti nel bilancio. Questo garantisce la trasparenza nel rapporto tra impresa e politica, perché se la politica esprime decisioni favorevoli a chi l’ha finanziata in modo corretto, quindi trasparente, chiunque, attraverso la lettura dei bilanci,
L’esistenza di gruppi di pressione sui politici è legale in tutte le democrazie In Italia sono state presentate 88 proposte di legge Ma nessuna è riuscita a regolare il settore
I finanziamenti di una società ai partiti vanno deliberati dall’organo competente e iscritti a bilancio Così tutti possono esercitare il diritto di controllo e critica
Almeno fino alla legge Spazzacorrotti, le fondazioni erano poco trasparenti Alcune erano finte e finalizzate a drenare fondi. Ma si deve valutare caso per caso
è in grado di esercitare il diritto di controllo e di critica politica, che è il sale della democrazia. Se queste condizioni di trasparenza non vengono rispettate allora i finanziamenti provenienti dalla società sono illeciti proprio perché viene impedito di cogliere una relazione possibile tra i finanziamenti e le decisioni degli organi politici. Ricordo che, ai tempi di Mani pulite, vi erano imprenditori che finanziavano partiti diversi e addirittura correnti diverse di singoli partiti. Solo che lo facevano segretamente, cioè illecitamente, proprio perché da un lato non si cogliesse il nesso che c’era con decisioni pubbliche che li riguardavano, dall’altro per non esporsi al rischio di subire le vendette trasversali di altri politici o gruppi che si potevano sentire traditi da un finanziamento a un concorrente che magari apparteneva al medesimo partito».
Quindi, non basta il fatto che sia tecnicamente possibile risalire la strada di un finanziamento?
«La tracciabilità è cosa diversa dalla trasparenza. Un flusso finanziario è tracciabile se è ricostruibile il suo percorso, è trasparente se è esplicitamente indicato per quello che è in atti accessibili agli interessati, quali il bilancio di una società».
A volte, come lei ha detto, i finanziamenti non vanno direttamente a un partito.
«Nei reati dei “colletti bianchi” sono frequentissimi i casi in cui bisogna accertare la rilevanza penale di un fatto concreto a prescindere dalla sua definizione formale. Questo accade, ad esempio, per la esterovestizione, cioè per quelle imprese che vengono sanzionate perché, per non pagare le tasse, fanno risultare formalmente che risiedono all’estero mentre operano in Italia. Faccio un esempio, se in un giorno della settimana i pulmini commerciali non possono circolare, non è sufficiente che io sul mio esponga la scritta scuolabus per poter andare in giro. Occorre in concreto verificare cosa faccio, e se non svolgo un’attività di scuolabus, ma un’attività commerciale, non posso circolare. In sostanza, al di là delle etichette si deve comprendere se una condotta o un fatto abbiano un significato penale. Allo stesso modo, nel reato di illecito finanziamento a un partito o a un suo raggruppamento interno, bisogna vedere in concreto quale attività svolge chi riceve finanziamenti da società. In presenza di notizie di reato, il luogo di ricostruzione di queste attività sono le indagini penali, il luogo di verifica di eventuali accuse è il processo penale».
Sempre più spesso i finanziamenti giungono da fondazioni di tutti i tipi.
«Il tema delle fondazioni è che esse, almeno fino all’avvento della cosiddetta legge Spazzacorrotti, sono state connotate da un basso tasso di trasparenza. L’esperienza giudiziaria ha evidenziato che in alcune situazioni erano strutture finte, finalizzate a drenare fondi. In altre, benché fossero prossime ad aree politiche, svolgevano concretamente l’attività di una fondazione. Occorre distinguere caso per caso».