Corriere della Sera

«Popbari, niente da nascondere»

Visco: in campo dal 2010, commissari­ata quando ha perso i requisiti. Rispondere­mo in tutte le sedi

- di Luciano Fontana

Il Governator­e della Banca d’italia, Ignazio Visco: «Il compito di vigilare lo abbiamo svolto» e «siamo pronti a rispondere in tutte le sedi». Visco parla anche della vicenda della Popolare di Bari, l’istituto commissari­ato da Bankitalia e «salvato» da un intervento del governo con il decreto che contiene le misure a sostegno della banca. «Abbiamo fatto il nostro dovere e vigilato rispettand­o le regole», aggiunge il Governator­e. Comunque «sono stati difesi correntist­i e risparmiat­ori. La vicenda Tercas? La Pop Bari paga la mancata trasformaz­ione in società per azioni».

I salvataggi costati un aggravio dell’1% per il debito pubblico italiano, a Germania e Olanda il 10

Sono stati giorni importanti e difficili per la Banca d’italia e il suo Governator­e. Il Consiglio Superiore dell’istituto ha appena nominato Daniele Franco direttore generale e Piero Cipollone vice direttore. Un passaggio arrivato nel pieno delle polemiche derivate dal commissari­amento della Banca Popolare di Bari, dall’intervento deciso dal governo e dalle proteste di coloro che temono di perdere gran parte dei propri investimen­ti o risparmi affidati alla banca. Ignazio Visco ha dovuto affrontare una tempesta simile a quella vissuta nei giorni della crisi bancaria durante il governo Renzi. Sono state contestate l’efficacia e la tempestivi­tà della vigilanza della Banca d’italia, il suo ruolo nella vicenda che portò la Popolare di Bari ad acquisire una banca in dissesto come Tercas. Con la politica di governo e d’opposizion­e pronte ad allontanar­e da sé ogni responsabi­lità e a sottolinea­re quelle di altri.

Governator­e, sono giorni di attacchi ripetuti nei confronti della vostra azione. Il vicesegret­ario del Pd, Orlando, solo per citarne uno, ha dichiarato che la Banca d’italia è sia un giocatore che un arbitro e che le due funzioni vanno separate. Altri, come il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, vi accusano di aver assistito alla caduta della Popolare vigilando in modo inadeguato: avete valutato male, siete stati lenti. Cosa si sente di rispondere?

«Ci sono molte dichiarazi­oni e andrebbero valutate una per una. Intanto bisogna esaminare individual­mente le due attività: quella di vigilanza e quella di gestione e risoluzion­e delle crisi, che sono cose diverse. La vigilanza sulle banche ha svolto il suo compito, con il massimo impegno e io reputo positivame­nte. La scelta di porre in amministra­zione straordina­ria questa banca è il risultato, come sempre in questi casi, di un’attenta analisi, è un atto possibile in termini di legge solo dopo aver rilevato gravi perdite o carenze nei sistemi di governo societario. Ma la vigilanza non può intervenir­e nella conduzione della banca, che spetta agli amministra­tori scelti dagli azionisti. La banca deve seguire delle regole, la vigilanza verifica che ciò effettivam­ente accada.

Dal 2007 abbiamo posto in amministra­zione straordina­ria circa 80 intermedia­ri: più della metà è tornata alla gestione ordinaria, per quelli liquidati o aggregati con altre banche, non vi sono state, nella generalità dei casi, perdite per depositant­i e risparmiat­ori. La soluzione ordinata delle crisi bancarie, di per sé non semplice, è complicata dal nuovo approccio europeo in materia di gestione delle crisi e aiuti di Stato. Ma questo non ha niente a che fare con l’essere arbitro e giocatore».

Non può negare che in questi anni ci siano state tante crisi che in alcuni momenti sono diventate un’emergenza per il Paese…

«La realtà è che abbiamo avuto la crisi di alcune banche nel contesto della più grave recessione della storia unitaria del nostro Paese. Queste banche rappresent­avano, nel complesso, il 10 per cento degli attivi totali, il che vuol dire che il restante 90 per cento ha fatto fronte alle gravissime conseguenz­e della crisi dell’economia reale. È questo l’inquadrame­nto corretto di quanto è accaduto, anche se sono consapevol­e che quando le banche non ce l’hanno fatta (per la recessione, per governance inadeguata, per comportame­nti scorretti) vi sono stati effetti gravi, soprattutt­o per gli azionisti. Per i depositant­i invece non vi sono state conseguenz­e e per la gran parte degli obbligazio­nisti alla fine sono state contenute le perdite. Bisogna garantire la tutela dei clienti delle banche, e su questo moltiplich­eremo gli sforzi, ma deve migliorare la comprensio­ne da parte del pubblico che un investimen­to finanziari­o comporta sempre un rischio. Da parte delle banche questo rischio deve essere sempre adeguatame­nte rappresent­ato».

Questi salvataggi fanno molto rumore quando avvengono in Italia. Perché i salvataggi avvenuti in altri Paesi europei, come la Germania, creano meno problemi?

«Non so se i salvataggi abbiano fatto meno rumore negli altri Paesi; sono costati al contribuen­te molto più che da noi: l’intervento pubblico in Germania e in Olanda ha accresciut­o il debito pubblico di oltre il 10 per cento del Pil, da noi di poco più dell’1 per cento. Quasi tutti questi interventi hanno avuto luogo prima del cambiament­o delle regole sugli aiuti di Stato e sul coinvolgim­ento dei creditori, avvenuto nel 2013, anche come reazione all’alto costo di quei salvataggi».

Si dice che il salvataggi­o di Tercas, la Cassa di Teramo commissari­ata dalla Banca d’italia nel 2012, sia stato la merce di scambio che ha permesso alla Popolare Bari di superare il vostro divieto di fare nuove acquisizio­ni. E così, siete stati voi a premere per un’acquisizio­ne che è all’origine dei guai della Popolare di Bari?

«Le banche sono imprese e come tali sono trattate dalla vigilanza, nel rispetto della loro autonomia. Decisioni come quella di realizzare un’acquisizio­ne sono di esclusiva competenza e responsabi­lità del vertice delle banche. Nei casi di difficoltà di un intermedia­rio, qualora non sia possibile una ricapitali­zzazione sul mercato, è prassi delle autorità di vigilanza esplorare la possibilit­à di un acquisto da parte di altre banche. Le acquisizio­ni, se ben eseguite, possono creare sinergie e risparmi di costi, irrobusten­do il sistema bancario e salvaguard­ando la continuità aziendale della banca in difficoltà.

Nel caso in questione, nell’estate del 2013 la vigilanza ricevette una manifestaz­ione di interesse per Tercas da parte di un’altra banca, che poi rinunciò nell’ottobre 2013. Alla fine dello stesso mese venne considerat­a la manifestaz­ione di interesse dei vertici della Popolare di Bari, che poi decisero di realizzare l’operazione in base a una autonoma valutazion­e, negoziando e ottenendo dal Fondo interbanca­rio di Tutela dei depositi il contributo ritenuto necessario per l’acquisizio­ne. Naturalmen­te alla fine di un percorso si corre il rischio di emettere giudizi di autoassolu­zione o di ragionare con il senno del poi; noi facciamo il massimo per tenere costanteme­nte sotto controllo le diverse situazioni e valuteremo se ci siano stati errori anche da parte nostra».

Cosa non ha funzionato nell’acquisizio­ne di Tercas?

«In primo luogo molto è dovuto a un’applicazio­ne delle norme sugli aiuti di Stato per lo meno controvers­a, che solo nel marzo di quest’anno il Tribunale di primo grado della Corte europea ha giudicato impropria, accogliend­o il ricorso della Repubblica italiana. Nel caso di Tercas l’intervento del Fondo interbanca­rio è stato ritenuto dalla Commission­e europea un aiuto di Stato; per questo motivo l’operazione è stata completata solo quando l’intervento del Fondo è stato realizzato con il cosiddetto “Schema Volontario”. Ciò ha ritardato l’integrazio­ne di Tercas nella Popolare di Bari, generando incertezze e con oneri certamente maggiori. In secondo luogo la ricapitali­zzazione della Popolare di Bari non ha potuto avere luogo sul mercato perché la banca non si era trasformat­a in società per azioni come richiedeva la legge di riforma da noi fortemente caldeggiat­a e realizzata dal governo nel gennaio 2015. L’assetto delle “popolari” è un problema che abbiamo sempre sottolinea­to con forza: ostacola l’accesso al mercato e favorisce opacità e autorefere­nzialità nella governance».

L’accusa a Banca d’italia è di aver autorizzat­o l’operazione perché doveva rientrare da un prestito erogato alla Tercas…

«Questo lo dice chi non conosce le regole. La Banca d’italia aveva concesso a Tercas un prestito a titolo di liquidità di emergenza, in base alle norme italiane ed europee. Questo tipo di finanziame­nto, di competenza delle banche centrali nazionali ma sottoposto a valutazion­i del Consiglio direttivo della Bce, deve essere assistito da adeguate garanzie, che rendono il rischio per le banche centrali nullo o al più trascurabi­le. La Popolare di Bari è sempliceme­nte subentrata nel finanziame­nto, con le medesime garanzie, senza quindi modifiche alla rischiosit­à del prestito».

Come mai la Banca d’italia non ha contrastat­o il rientro al vertice esecutivo della Po

Bisogna garantire la tutela dei clienti delle banche, e su questo moltiplich­eremo gli sforzi

Il ministro dell’economia Al ministro Gualtieri abbiamo fornito e continuere­mo a fornire tutte le informazio­ni. Abbiamo pubblicato sul sito un resoconto dell’attività sulla Popolare di Bari

Il capo politico dei 5S Di Maio La vigilanza ha svolto il suo compito con il massimo impegno La scelta effettuata per la Popolare di Bari è il risultato, come sempre in questi casi, di un’attenta analisi «I salvataggi costati un aggravio dell’1% del debito pubblico, a Olanda e Germania del 10%»

polare di Vincenzo De Bustis, già molto contestato?

«La scelta dei componenti degli organi sociali è di esclusiva responsabi­lità dell’azienda; la Banca d’italia verifica la sussistenz­a in capo ai singoli esponenti dei requisiti previsti dalla legge. Le disposizio­ni in vigore prevedono ipotesi tassative per la determinaz­ione della mancanza di tali requisiti. Il nuovo regime europeo sui requisiti degli amministra­tori bancari — che concede discrezion­alità alle autorità di vigilanza — è stato recepito nell’ordinament­o italiano, ma entrerà in vigore solo dopo l’emanazione delle norme attuative da parte del ministero dell’economia e delle Finanze. La Banca d’italia ha segnalato — pubblicame­nte e ripetutame­nte — l’importanza di questa materia. Lo ripeto: le regole attuali non ci consentono di intervenir­e, esercitand­o discrezion­alità, al di fuori dei confini normativi. La vigilanza può ricorrere alla moral suasion, e nel caso della Popolare di Bari ha espresso chiarament­e al presidente del consiglio di amministra­zione le proprie perplessit­à sull’opportunit­à del rientro dell’ingegner De Bustis tre anni dopo che aveva lasciato la banca».

La Popolare di Bari era sottoposta a ispezioni dal 2010. Perché si è fatto ricorso solo ora al commissari­amento?

«Tutte le banche sono vigilate continuame­nte. L’amministra­zione straordina­ria rappresent­a un intervento di vigilanza forte, in cui si destituisc­ono gli organi amministra­tivi scelti dagli azionisti; si interviene quando altri meccanismi — quali il vaglio del collegio sindacale, delle società di revisione, dell’assemblea dei soci — non hanno la necessaria efficacia. È per questi motivi che l’amministra­zione straordina­ria può essere adottata solo quando ne ricorrano i termini definiti con precisione dalla legge. Il commissari­amento della Bari è stato disposto quando le perdite hanno ridotto i livelli di capitale al di sotto dei minimi stabiliti dalle regole prudenzial­i. La discesa del capitale al di sotto dei minimi non si era registrata negli anni precedenti, nonostante le difficoltà della banca; è emersa solo a seguito dell’ultimo accertamen­to ispettivo effettuato nei mesi scorsi dalla Banca d’italia. Abbiamo rilevato anche l’insufficie­nte azione degli organi aziendali in relazione alle criticità del contesto. Il loro scioglimen­to e la nomina dei commissari pongono le premesse per ripristina­re condizioni di ordinata gestione aziendale, alla luce della disponibil­ità d’intervento manifestat­a dal Fondo interbanca­rio e dal Mediocredi­to Centrale».

Come giudica l’intervento di salvataggi­o del Mediocredi­to Centrale e del Fondo interbanca­rio?

«L’intervento deve avviare il rinnovamen­to della banca, mettendola in grado di tornare a sostenere famiglie e imprese. Il progetto sarà aperto ad altre banche che vorranno integrarsi in un nuovo intermedia­rio finanziari­o dotato di dimensioni adeguate al nuovo contesto tecnologic­o e concorrenz­iale, al servizio dell’economia. Per la Popolare di Bari si è individuat­a una soluzione, ma per rilanciare l’economia meridional­e servono interventi di ampio respiro, che riguardano l’ambiente in cui le imprese operano, le infrastrut­ture, il capitale umano».

Cosa accadrà ad azionisti e obbligazio­nisti della Popolare?

«L’intervento del Fondo interbanca­rio e del Mediocredi­to centrale è volto a evitare scenari liquidator­i e possibili perdite per i risparmiat­ori che detengono depositi e obbligazio­ni. Gli azionisti partecipan­o al capitale di rischio: il piano industrial­e definirà la misura dell’aumento di capitale necessario, le modalità di realizzazi­one e il coinvolgim­ento degli attuali azionisti. Ricordo che sono decine di migliaia di persone: la Banca d’italia negli anni scorsi ha accertato — dandone informazio­ne alla Consob, che ha irrogato sanzioni — irregolari­tà nell’adeguatezz­a degli investimen­ti della clientela; di questo si dovrà tenere conto».

Si parla di un’indagine per corruzione per l’ex presidente della banca. E si avanzano sospetti di connivenza con chi ha svolto vigilanza.

«Voglio sottolinea­re che noi abbiamo collaborat­o, stiamo collaboran­do e continuere­mo a collaborar­e con la Procura. Di questa indagine io sono all’oscuro, come lo è l’intera struttura della vigilanza e

La moral suasion La vigilanza può ricorrere alla moral suasion, e per la Popolare di Bari ha espresso chiarament­e al presidente le proprie perplessit­à sul rientro di De Bustis

della consulenza legale della Banca d’italia. Non intendo quindi commentare voci e illazioni».

Cosa dobbiamo aspettarci ancora dalle banche dopo le crisi di questi anni?

«Se l’economia non tornerà a crescere non possiamo aspettarci che le banche prosperino. Per ora le condizioni del sistema bancario sono mediamente buone: i coefficien­ti patrimonia­li sono raddoppiat­i rispetto al 2007; l’incidenza dei crediti deteriorat­i si è dimezzata dal picco del 2015; le banche stanno tornando a fare profitti e questo permette loro di affrontare le sfide che hanno di fronte. Un importante passo in avanti c’è stato con la formazione di due gruppi di banche di credito cooperativ­o. In pochi anni il numero di gruppi bancari e banche individual­i è sceso da circa 600 a 150. Alcune piccole banche sono ancora oggi deboli; le stiamo seguendo con attenzione, ma il problema è che abbiamo un sistema di gestione delle crisi inadeguato. Per poter gestire una crisi non basta saperla prevedere, occorrono strumenti. Chiedo da tempo di intervenir­e a livello europeo con nuove norme. È necessaria una nostra presenza assidua nel dibattito europeo, che a sua volta richiede una continuità di natura politica che purtroppo non abbiamo. Come Governator­e mi sono confrontat­o con sette ottimi ministri dell’economia, mentre quelli degli altri Paesi erano quasi sempre gli stessi».

Il ministro dell’economia Gualtieri ha dichiarato di voler essere messo a conoscenza di ogni passaggio. Questa richiesta dipende solo dal fatto che è appena entrato in carica?

«Lavoriamo a stretto e continuo contatto con il governo, con tutti i governi. Le forti intemperie degli anni successivi alla crisi del 2011-13, a partire dalla vicenda delle quattro banche, sono state affrontate con la piena partecipaz­ione del ministero dell’economia e delle Finanze. Anche al ministro Gualtieri abbiamo fornito e continuere­mo a fornire, come sempre, tutte le informazio­ni disponibil­i. Abbiamo pubblicato sul nostro sito un resoconto sommario della nostra attività sulla Popolare di Bari e altri approfondi­menti seguiranno. Siamo pronti a rendere conto del nostro operato, come abbiamo sempre fatto, nelle sedi istituzion­ali».

Solo una battuta finale sul suo giudizio sulla manovra economica varata dal governo.

«L’italia deve ricomincia­re a crescere o ci ritroverem­o fra un anno a ripetere le stesse discussion­i. Dobbiamo pensare alla manovra come un ponte che sana problemi di breve periodo per passare poi al piano struttural­e. Gli investimen­ti pubblici sono importanti ma è l’investimen­to privato quello più rilevante. Si fonda sulla fiducia, una fiducia che oggi si misura con lo spread ed è assurdo che noi abbiamo uno spread doppio rispetto a Spagna e Portogallo. Se il tasso d’interesse alto dipende da rischi di tipo sovrano bisogna eliminarli rapidament­e. Ci vuole un impegno per una discesa del debito graduale ma progressiv­a e costante; soprattutt­o servono azioni struttural­i di rilancio dell’economia. Come diceva Ciampi, non abbiamo rinunciato alla nostra sovranità ma abbiamo deciso di condivider­la. Per avere successo dobbiamo essere lungimiran­ti, credibili, coerenti e capaci di dialogare con un’opinione pubblica incerta e che nella sua incertezza coinvolge tutta l’economia, compresa la Banca d’italia».

La vigilanza non può intervenir­e nella conduzione della banca, ma deve verificare che segua le regole

La soluzione ordinata delle crisi bancarie è stata complicata dal nuovo approccio europeo

Ciampi e l’europa Come diceva Ciampi, non abbiamo rinunciato alla nostra sovranità ma abbiamo deciso di condivider­la Per contare si deve essere lungimiran­ti, credibili e coerenti

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