La cartolina di Natale è un Sos «Siamo prigionieri a Shanghai»
Il messaggio trovato da una bimba inglese. I negozi Tesco sospendono il fornitore cinese
Penna in mano, l’albero di Natale alle spalle, Florence aveva appena aperto la scatola di bigliettini di auguri solidali. Si stava accingendo a scriverli ai suoi compagni di scuola, quando passandoli in rassegna, magari per scegliere quello da inviare all’amica del cuore, il più bello tra quei teneri gattini con il cappello rosso di Babbo Natale sul capo, ha sgranato i suoi occhioni verdi: «Ehi, ma questo è già stato usato, è già scritto» ha esclamato questa bambina di sei anni con l’aria divertita, rivolgendosi alla mamma che li aveva acquistati a un super Tesco di Londra.
Un testo di poche righe, tutto in maiuscolo: «Siamo prigionieri stranieri detenuti nel carcere di Qingpu a Shanghai. Siamo costretti a lavorare contro la nostra volontà, per favore aiutateci e denunciate il nostro caso ad un’organizzazione per i diritti umani». Un Sos talmente assurdo da essere scambiato di prim’acchito per uno scherzo anche dai genitori di Florence. All’incredulità è poi subentrato lo choc: si fa beneficenza con i lavori forzati? Pare un ossimoro, e se fosse vero? Un indizio ha aiutato la coppia a fare chiarezza: sul bigliettino c’era anche l’indicazione di contattare un certo Peter Humphrey.
Il padre della bambina lo ha cercato su Google scoprendo che si trattava di un giornalista britannico che aveva trascorso due anni nella stessa prigione, a Shanghai, condannato per violazione delle leggi cinesi sulla vita privata mentre lavorava lì come investigatore antifrode per conto della multinazionale farmaceutica Glaxosmithkline. È stato lui a raccontare la storia sul Sunday Times. «Quando ho ricevuto via Linkedin il messaggio del signor Widdicombe mi sono ripiombati addosso quei due anni terribili» ha scritto. Poi alla Bbc ha spiegato: «Quando ero recluso io si trattava di lavoro volontario, che tornava utile per le piccole spese. Ma nell’ultimo anno è diventato obbligatorio».
Tesco ha annunciato di aver avviato un’indagine e ha subito sospeso il contratto con il suo fornitore cinese: «Nella nostra catena di fornitori non è ammesso l’uso del lavoro carcerario», ha spiegato un portavoce. La società di Shanghai che produceva i biglietti natalizi è stata oggetto di un audit anche il mese scorso, si difende la multinazionale che quest’anno punta a ricavare 300mila sterline dalla vendita di cartoline benefiche, da devolvere a British Heart Foundation, Cancer Research Uk, e Diabete Uk. Ma a beneficiare dell’operazione pare sia stato in primis il sistema carcerario cinese, il più popolato al mondo dopo gli Usa con 2,3 milioni di detenuti. Non è facile per le società straniere verificare se le catene di approvvigionamento siano collegate al lavoro carcerario. Ma il prezzo (soltanto 1,5 sterline per una confezione da 20 biglietti) e il tipo di prodotti deve mettere in guardia. Senza aspettare un’altra Florence.