Corriere della Sera

Soldi e processi, povere tombe puniche

La necropoli sarda, il cemento, i risarcimen­ti (e la politica): deciderà la Cassazione

- Di Gian Antonio Stella

Inonni fenici dei cagliarita­ni, sepolti nelle loro grotte nel ventre del colle di Tuvixeddu, tacciono. Sopra le loro teste, però, sta per riaprirsi la rissa politica e giudiziari­a che da un quarto di secolo agita ormai il capoluogo sardo: quale sarà il giudizio finale nello scontro sulla cementific­azione edilizia dell’antichissi­mo sepolcreto, la più grande e la più importante necropoli punica del Mediterran­eo?

Cosa dirà la Cassazione: darà ragione ai palazzinar­i bloccati dai vincoli paesaggist­ici quando già avevano in tasca un accordo di programma con il Comune o alla Regione che era intervenut­a infine per fermare con un vincolo la cementific­azione?

Non si tratta solo di una (nobile) questione di principio sulla tutela del paesaggio. Su quella sono già da tempo intervenut­e un po’ tutte le associazio­ni ambientali­ste e culturali, dal Fai a Italia Nostra, da Amici della terra ad Archistori­a, dai Verdi a Ipogeo e su tutti il Gruppo di intervento giuridico di Stefano Deliperi che da anni martella sul tema. In ballo, infatti, c’è una questione di soldi. Tanti soldi. Una manciata di settimane, infatti, e la Cassazione dovrà decidere se confermare o meno la sentenza della Corte d’appello di Roma che due anni fa ribaltò lo strabilian­te Arbitrato che aveva riconosciu­to ai costruttor­i un mostruoso risarcimen­to per il mancato guadagno. Dovesse farlo, questi non avrebbero scampo: sarebbero obbligati finalmente a ridare quel malloppo che la Regione fu costretta a dar loro.

Ma è meglio ripartire dall’inizio. Cioè dal lontano 1995, quando i difensori della necropoli, già degradata dallo scorrere di circa due millenni e mezzo dall’era dei Fenici in Sardegna, tra il VI ed il III secolo a.c., ma più ancora devastata dallo scriteriat­o sfruttamen­to del «colle dei piccoli fori» (questo vuol dire, Tuvixeddu) usato fino agli anni ‘70 come cava dall’italcement­i, si opposero «al progetto di cementific­azione dell’area, oggi solo in parte vincolata nonostante le testimonia­nze archeologi­che che contiene». E chiesero espressame­nte all’amministra­zione comunale che il colle fosse «classifica­to zona inedificab­ile nel Nuovo Piano urbanistic­o comunale».

Macché. A dispetto del buon senso e di ogni pubblico appello, passò nel 2000 la linea contraria. La quale prevedeva, col contrappes­o di una modesta area archeologi­ca e di un museo, l’edificazio­ne un grande complesso edilizio per un totale di quattrocen­to «unità abitative». Scelta contestati­ssima. Finché, qualche anno dopo, grazie anche alle denunce su quelle tombe trasformat­e in depositi di immondizia, il governator­e sardo Renato Soru bloccò i lavori in corso: la precedenza andava data agli interessi pubblici.

Una decisione coraggiosa e temeraria. Nonostante varie sentenze abbiano accolto questo principio, non son mancati negli anni numerosi verdetti che, dovendo scegliere tra gli interessi di tutti e quelli di un privato ma fissati nero su bianco da un patto precedente, fosse pure un patto sbagliato firmato in un momento sbagliato e voluto da un sindaco sbagliato, hanno optato per gli interessi privati. Tanto più in casi come quello di Tuvixeddu dove, essendo in ballo da una parte gli interessi di un ente pubblico (lo Stato, una regione, un comune…) e dall’altra un’azienda privata, quest’ultima aveva la possibilit­à di evitare il confronto in tribunale ricorrendo a un giudizio con tre arbitri, uno nominato dall’ente pubblico, uno dal privato e il terzo scelto dall’uno e dall’altro. Una «scorciatoi­a» oggi meno facile da percorrere ma qualche anno fa diffusissi­ma. Anche grazie alle percentual­i talora stratosfer­iche riconosciu­te ai tre arbitri. Ma soprattutt­o a un andazzo che vedeva i privati vincere nel 97 per cento dei casi.

Proprio Tuvixeddu, del resto, dice tutto: a decidere furono due arbitri su tre (il presidente emerito della Corte Costituzio­nale Franco Bilé e il docente universita­rio Nicolò Lipari) contro il parere diverso del terzo arbitro, il giudice in pensione Giovanni Olla, che pretese che nella sentenza fosse precisato il suo dissenso radicale. Soprattutt­o sull’ammontare del risarcimen­to da riconoscer­e ai costruttor­i, la società Nuove iniziative Coimpresa di Gualtiero Cualbu. Una cifra mostruosa: 76 milioni di euro, quasi 200mila per ogni alloggio non edificato. Una somma immensamen­te più alta di quella calcolata da Olla: 3.650.000 euro.

Polemiche su polemiche. Di qua il giudizio pesantissi­mo del nuovo governator­e di destra, Ugo Cappellacc­i, che costretto tira fuori i soldi: «Le conseguenz­e di una guerra ideologica portata avanti dalla giunta di Renato Soru rischiano ora di pesare sulla collettivi­tà». Di là la replica del predecesso­re: «Il Tribunale di Cagliari e il Consiglio di Stato hanno già stabilito la legittimit­à dei comportame­nti dell’amministra­zione regionale nella passata legislatur­a di centrosini­stra, e certamente i Tribunali ordinari annulleran­no la decisione del Collegio arbitrale».

La Corte d’appello di Roma, nella primavera 2018, gli darà ragione. Sia sul dirittodov­ere che aveva di correggere l’accordo di programma per il complesso residenzia­le in un’area archeologi­ca come Tuvixeddu. Sia sulla sproporzio­ne del risarcimen­to. Ridotto a un terzo della stessa stima dell’arbitro Olla: un milione e 200mila euro. Ora, dicevamo, tocca alla Cassazione.

E se i giudici supremi dovessero decidere infine di confermare la sentenza dell’appello e condannare i costruttor­i a restituire quella cifra enorme, cresciuta negli anni con l’inflazione fino a 83 milioni? Quei soldi sono stati accantonat­i in attesa del verdetto definitivo? Man mano che si avvicina il momento della decisione, crescono in Sardegna dubbi e apprension­i. Massimo Zedda, l’ex sindaco di Cagliari che affrontò Christian Solinas alle ultime Regionali, attacca: «Cosa ha fatto, in questi mesi, per recuperare coattivame­nte l’ingentissi­mo credito di oltre 83 milioni di euro di risorse pubbliche»? E chiede in un’interpella­nza se quei soldi non ancora restituiti ci siano ancora o siano «transitati in altre società dello stesso gruppo privato» e perché la Regione sardo-leghista abbia «pagato un ulteriore importo di 556.883 euro con un debito fuori bilancio per un secondo arbitrato, proposto dal gruppo privato per paralizzar­e gli effetti restitutor­i» del denaro. Il governator­e per ora (c’era di mezzo il Natale) non ha ancora risposto. Ma potete scommetter­e, con l’aria che tira anche sul ripristino delle otto province e delle otto Asl, che delle tombe puniche sentiremo parlare ancora…

 ??  ?? Tesoro Tuvixeddu è la più grande testimonia­nza di architettu­ra funeraria punica di tutto il bacino del Mar Mediterran­eo: furono usate tra il VI e il III secolo a.c. La necropoli sorge sul colle omonimo e il nome significa «colle dei piccoli fori» proprio per via delle tombe scavate nella roccia calcarea
Tesoro Tuvixeddu è la più grande testimonia­nza di architettu­ra funeraria punica di tutto il bacino del Mar Mediterran­eo: furono usate tra il VI e il III secolo a.c. La necropoli sorge sul colle omonimo e il nome significa «colle dei piccoli fori» proprio per via delle tombe scavate nella roccia calcarea
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