L’america abbandona l’africa
Il Pentagono programma il disimpegno Dal Sahel al Mediterraneo, il costo sarà alto
L a fazione nigeriana dello Stato islamico ha vendicato, nel suo stile barbaro, la morte del Califfo Al Baghdadi: dieci ostaggi cristiani decapitati. Strage documentata da un video poi diffuso in rete. Quasi contemporaneamente altro eccidio in un villaggio, sempre cristiano, ad opera di Boko Haram mentre l’isis ha rivendicato un attacco in Burkina Faso. Dozzine le vittime provocate dalla guerriglia jihadista alleata di componenti ribelli locali in Mali e Niger, entità fragili ed esposte. È questa la situazione nell’africa Occidentale e nel Sahel, vecchia/nuova linea del fronte. Ed ecco che spunta lo scenario di un possibile disimpegno statunitense dalla regione. Il segretario alla Difesa Mark Esper — ha scritto il New York Times — vorrebbe ridurre il numero di militari o persino ritirarli del tutto. Verrebbe anche chiudere una base per droni creata da poco in Niger e costata 110 milioni di dollari. La spiegazione ufficiale è che le unità saranno rischierate su teatri prioritari, davanti a russi e cinesi.
Attualmente il Comando Africa dispone di circa 6 mila uomini sparpagliati in diversi Stati. Una parte addestra gli eserciti, partecipa a missioni con forze speciali, svolge attività di intelligence, garantisce un network logistico in supporto dell’operazione Barkhane dei francesi (con una spesa di 45 milioni annui). Non meno significativo lo scudo contro gli shebab in Somalia: solo quest’anno i raid aerei sono stati 60.
Si tratta di un dispositivo di qualità ma non certo gigantesco se teniamo conto dell’ampiezza del teatro e della portata della minaccia. Inoltre, come spesso è accaduto in altri scacchieri — Nord della Siria —, le idee della Casa Bianca non collimano con quelle degli alti gradi. I generali non sono favorevoli a levare le tende e hanno già programmato per il 2020 massicce esercitazioni nel continente africano. In parallelo il Dipartimento di Stato ha creato una task force dedicata al Sahel in quanto è preoccupato dalla pressione dei mujaheddin.
L’agenda degli strateghi, però, non va d’accordo con la visione di Trump: per il presidente l’america ha partecipato a troppe campagne, è ora di